Il camionista più “forte” d’Italia? In realtà è una donna piccola e minuta…

Agata 1Pensi all’immagine del camionista e t’immagini una montagna di muscoli perfettamente proporzionato al bisonte della strada che guida ogni giorno. Perché solo una simile forza della natura, dici a te stesso, può fare un lavoro simile, può domare un bestione da 300 quintali. Poi una sera, facendo zapping in tv, ti capita d’incrociare un programma dedicato alla vita “on the road” di chi viaggia per lavoro e scopri che il camionista più forte che esista non è affatto un sosia di Mike Tyson, e che non è neppure un uomo. È una donna, di 34 anni ma dall’aspetto di una ragazzina, piccola di statura, esile per non dire gracile, che scommetteresti non possieda nemmeno la forza di girare lo sterzo, una volta salita, a fatica, in cabina… Invece lei, Agata De Rosa, napoletana trapiantata in provincia di Bergamo, ha davvero una forza da leonessa. Che non mostra solo nel guidare un tir, ma nell’affrontare ogni ostacolo della vita. E lei di ostacoli, sul suo percorso, ne ha incontrati tanti. Agata 4A cominciare dalla morte, prematura, del padre, il suo eroe di quand’era bambina e che d’estate, terminata la scuola, la scorrazzava in giro per l’Italia sul suo tir. Il padre amico-fratello-confidente che le ha trasmesso la passione per questo mestiere. Il suo eroe ancora oggi, più che mai, col quale spesso parla quando al volante attraversa l’Italia da Nord a Sud. Magari con la vista offuscata dalle lacrime che non è riuscita a trattenere quando gli ha confidato, come se fosse seduto lì accanto a lei, che non ce l’aveva fatta a pagare il leasing del camion che aveva acquistato per lui e che gli aveva dedicato, con tanto di aerografia del porto di Taranto, dove il padre aveva lavorato in Marina, e la scritta “dedicato al mio papà”. Un camion che Agata ha amato come una persona in carne e ossa e che un altro ostacolo sul percorso della sua vita le ha portato via: un ostacolo che ha il volto della crisi economica e che ha travolto la sua piccola impresa di autotrasporto a conduzione familiare, costringendola a tornare a sedersi in una cabina di guida,  ma questa volta da dipendente. Un ostacolo che ha anche il volto di qualche spregiudicato professionista pronto ad approfittare delle sue difficoltà.  E a farle dire, con rabbia, che “non c’è giustizia”. Ed è proprio da quel camion che “parte” la puntata di Inarrestabili (il format televisivo guidato dall’ex Iena Marco Berry e coprodotto da Fai Service per  raccontare la vita quotidiana di migliaia di autotrasportatori) con protagonista Agata De Rosa. Anche se, a dire la verità, le prima inquadrature non mostrano l’ex Iena e la sua nuova compagna di viaggio su un bisonte dell’asfalto: la partenza della puntata è su una piccola utilitaria con la quale Agata De Rosa accompagna a scuola il figlio Giovanni, prima d’iniziare la nuova giornata di lavoro. Perché Agata è una camionista, ma anche una moglie (di un autotrasportatore) e mamma, di un maschietto che ha già annunciato di voler guidare i camion da grande e di una bimba. Tre ruoli da interpretare ogni giorno senza potersi permettere di “fermarsi mai” perchè i tanti ostacoli sul cammino della vita non lo consentono. E lei, Agata, la minuscola camionista che ha fatto gridare a centinaia di forzutissimi colleghi maschi seduti davanti al teleschermo  “sei una forza, sei grande”, lo sa benissimo. L’ha sempre saputo fin da quando, a soli 19 anni, ha deciso che quello dell’autotrasportatore sarebbe stato il suo lavoro, che quella era la sua strada. Una strada dura, difficile, capace di far compiere una retromarcia anche a colleghi con le spalle molto più larghe, ma non lei, la più forte di tutti. Una forza invincibile di fronte alla quale ha dovuto arrendersi anche la madre, che di nascosto telefonava ai titolari di imprese di autotrasporto ai quali la figlia si era presentata per avere un lavoro da autista, per pregarli di non dare ad Agata  alcun lavoro. Una resa che è scattata quando la figlia, in uno dei primi suoi viaggi, ha incontrato sul suo cammino una banda di rapinatori: quattro mAgata 3alviventi che non hanno esitato a sequestrarla, rinchiudendola in un’auto mentre il rimorchio veniva svuotato, a puntarle una pistola alla testa e a dirle che ora “avevano i suoi documenti, sapevano dove andarla a trovare se avesse fiatato”. Roba da terrorizzare chiunque, aveva pensato la madre, da farle passare una volta per tutte la voglia di fare quel mestieraccio da uomo. E invece Agata era ripartita il giorno seguente, come se nulla fosse successo. “Racconti di vita vissuta” che Agata De Rosa ha confidato a Marco Berry con la consapevolezza che si è trattato di qualcosa di grave ma che “comunque bisogna sempre ripartire”. Come sempre, come in questa nuova giornata di lavoro particolarissima, circondati dalle telecamere degli operatori tv,  partita come peggio non avrebbe potuto, con un incarico prima confermato e poi saltato; sostituito da un altro lavoro, con un’altra destinazione, svanito a sua volta all’improvviso; fino a ottenere finalmente un carico e una destinazione “veri”. Una destinazione da raggiungere il più in fretta possibile non solo perchè i tempi di consegna vanno mantenuti, altrimenti il rischio è di aver lavorato gratis; ma soprattutto perché oggi è più fondamentale che mai rientrare a casa puntualissimi, prima che chiuda la concessionaria dove il camion dedicato al padre è stato venduto. Da domani mattina non sarà più lì e per Agata e quasi come dire addio al padre un’altra volta. Ed è stato impossibile non commuoversi (non solo per lei ma per tanti muscolosi colleghi davanti allo schermo) quando Agata è salita per l’ultima volta nella cabina, per confessare a Marco Berry che “un camion diventa come una persona: quando ci hai passato cinque anni insieme è difficile separarsi”. Perfino il distacco da un oggetto inanimato può diventare un momento terribile.  Perfino per una forza della natura come Agata, che ha continuato a guidare tir lungo le strade di Belgio e Francia fino al quinto mese di gravidanza e che, una volta nato Giovanni, se l’è portato in giro per il mondo, con la culla, in cabina. Immagini  di un album dei ricordi che davanti all’occhio indiscreto delle telecamere  Agata ripercorre mentalmente sorridendo, così come il suo volto di ragazzina si apre in un sorriso contagioso quando sfoglia altre immagini del passato a cui è legatissima. Quelle del papà sul camion;  quelle del matrimonio, avvenuto con un autotrasportatore. Una storia d’amore che ha viaggiato in fretta e che li ha portati in pochi mesi, dal primissimo casuale incontro, al matrimonio. Festeggiato, ricorda Agata, in un ristorante “scelto più che in base al menù alle dimensioni del parcheggio. Perchè lo sposo è arrivato sul suo tir, la sposa su quello del padre e la maggior parte di parenti e amici-colleghi viaggiava in camion…”. Autotrasportati dall’amore, c’era scritto sullo striscione tenuto sospeso dagli Agata 2invitati sopra le teste degli sposi per una foto ricordo. L’amore comune per un mestiere che oggi, confessa Agata, “fai solo se hai una passione tremenda e un coraggio da vendere. Perché la situazione è pesantissima, perchè  non è ricominciare da capo che mi spaventa: quello che mi fa paura è il lavoro che non c’è”. E quel poco che c’è è da dividere con troppa concorrenza, spesso sleale. Come quella portata dai trasportatori dell’Est che hanno invaso le strade, come testimonia la scommessa fatta,  “in diretta” da Agata De Rosa con Marco Berry: “Siamo in provincia di Bergamo, scommettiamo che se controlliamo le targhe ne troviamo più di quelli dei Paesi del’Est che italiani”? Conducenti stranieri nei confronti dei quali non bisogna avere alcuna discriminazione, a condizione che siano in grado di garantire la stessa professionalità e la stessa garanzia di sicurezza sulle strade che, fino a oggi, ha potuto assicurare Agata De Rosa, la cui voce fa trapelare una giustificata punta d’orgoglio quando, mani ben salde sul volante e sguardo fisso in avanti, svela che lei “in 15 anni di lavoro, con quasi un milione di chilometri percorsi, partendo alla mattina all’alba quando gli amici della compagnia rientravano dalla discoteca, non ha mai perso un carico e non ha mai ribaltato una volta”. Il tutto detto facendo gli scongiuri. Perchè, spiega scaramanticamente la camionista napoletana che non teme nessun percorso al mondo ma non guiderebbe mai un’utilitaria nel traffico di Napoli, “non vorrei iniziare proprio oggi”. E perché anche senza incidenti di percorso la strada è già complicatissima. Anche per una pronta a ricominciare sempre daccapo, sapendo che il padre, dall’alto, l’aiuterà a trovare sempre la strada giusta. Arrivando magari un giorno a riacquistare quel camion da cui non avrebbe mai voluto separarsi…

19 risposte a “Il camionista più “forte” d’Italia? In realtà è una donna piccola e minuta…

  1. Dispiace che la signora abbia dovuto chiudere la propria impresa di autotrasporto e abbia dovuto vendere il camion dedicato al padre (anche se nella vita c’è di peggio): però permettetemi una considerazione: nella trasmissione il signor Berri dice che la protagonista è una grande donna , una grande moglie, una grande madre. Forse, se ha dovuto chiudere l’impresa non è una grande imprenditrice. È capitato a tanti e forse questo tipo di programma, più che “giocare” sulle emozioni (che fanno sempre audience, meglio se scappa qualche lacrimuccia…) avrebbe potuto approfittare dell’occasione per dire che hanno chiuso altre migliaia di imprese, spiegarne le ragioni, contribuire a cercare una possibile soluzione. In altre parole: bella l’idea, ma avrebbe potuto essere sfruttata meglio.

  2. La trasmissione Inarrestabili ha fatto entrare nelle case di moltissimi italiani la nostra vita, il nostro lavoro. E se c’è riuscita è proprio perché il signor Berry ha dato al programma un taglio “popolare”… Io ho visto 5 puntate: non tutte sono riuscite, ma del resto neppure tutte le ciambelle escono col buco. Voti finale: 7.

  3. Sono d’accordo con Stefano: se fosse stato messo in onda un programma “istituzionale” sarebbe stato un flop. Io ormai di Ballarò, Porta a Porta, Matrix, Virus e roba varia del genere credo di non averne più guardato da un paio d’anni. E credo di essere in ottima compagnia….

  4. Las 7 ha fatto una scelta “popolare” di mercato. E ha fatto bene. Forse, vista la durata complessiva del programma abbastanza lunga non sarebbe stato male, toccando certi temi molto popolari (uno su tutti, la sicurezza!!!!!!!!) soffermarsi magari un po’ di più, approfondire il tema, ma sempre però con un linguaggio molto terra terra. Ma anche così a me il programma è piaciuto…..

  5. Dite al giornalista che sono ormai decine di anni che i camion hanno il servosterzo, la servofrizione, il cambio automatico, il servofreno ed anche i finestrini elettrici. Insomma per guidare un camion, un trattore o un qualsiasi mezzo al giorno d’oggi non servono i muscoli ma la testa.

  6. Dite ad Antonio che “forte” è stato messo tra virgolette proprio per far capire che non si trattava di forza fisica, ma d’animo…

  7. Beh, almeno adesso sappiamo cosa fa Antonio : il camionista. Uno di quelli con due bicipiti grandi così e un cervello piccolo così a giudicare dal fatto che non ha capito un’acca di qual è la forza di Agata…. Come si suol dire, la categoria non perde occasione per farsi riconoscere…..

  8. Antonio, va a scaricare qualche quintale di merce che è meglio!!!! E mi raccomando: non leggere per i prossimi due o tre mesi: la tua massa muscolare non hanno bisogno di riposo, ma la tua massa (???) cerebrale sì….

  9. Ragazzi, fra i camionisti , come in tutte le categorie, c’è chi ha testa e chi, come direbbero a Bergamo, ha il cervello di un cane. per l’esattezza di un beagle….

  10. Daniela R. ….l’ultima frase potevi anche risparmiarcela! Sono la moglie ORGOGLIOSA di un “padroncino”, istruito, gentile e che con amore, serietà e caparbietà svolge il suo faticoso lavoro. Come tantissimi te lo assicuro, uomini che con orgoglio e passione (se non ce l’hai non guidi un camion!) hanno scelto di vivere così…certo fra tanti qualche maleducato, rozzo e/o ignorante ne trovi ma è una categoria bistrattata e poco rispettata. Sono passati i tempi dei camionari brutti sporchi zozzoni e che ruttano e bestemmiano sai? Anche in banca, negli uffici, nei negozi ecc. ne trovi di così sai?

  11. Ciao a tutti, anch’io come Agata ho 34anni e sono una camionista. Ho iniziato a guidare una bisarca trasporto vetture che avevo 7 anni con il mio papà e poi ho continuato, finite le superiori, l’attività di famiglia (un’autodemolizione) e guido il carro attrezzi. Vera

  12. Ciao Antonio, voglio dirti due cose, la prima è che se ho chiuso dopo 13 anni di attività è stato per la concorrenza sleale, per clienti che non mi hanno pagato e difronte a queste cose anche un bravo imprenditore nn può farci niente, perché non è dipeso da me!!! La seconda è che sì, hai ragione nella vita c’è di peggio:infatti mi sono rialzata e ho ripreso la mia strada, perché alla fine la mia vita sono i camion!!!

  13. Io dico solo un paio di cose: bulgari, cechi, slovacchi che viaggiano sempre ubriachi senza fare rispettare le ore, costi gasolio costi autostrade, clienti che non pagano.
    Poi se vogliamo mettere tutti i costi dei dipendenti, tutte le tasse abbiaom fatto il quadro completo. GRANDE AGATA E TUTTI GLI AMICI CAMIONISTI. UN SALUTO DA LELE

  14. Se Agata ha tenuto in piedi l’impresa di trasporto “familiare” per 13 anni non dev’essere poi una cattiva imprenditrice come invece ipotizza Antonio (che mole spesso capita parla perchè tanto a parlare siamo tutti capaci…). Il fatto è che la politica di m…. di questo Paese sempre più di m…. (e ci metto dentro tutti in egual misura, da Berlusconi a Monti, da Letta a Renzi….) sta UCCIDENDO LE IMPRESE PER DARE DA MANGIARE ALLA CASTA DI PARASSITI STATALI!!!!!!!

  15. Ho letto la storia di Agata e mi trovo in condizioni abbastanza analoghe (sto tentando in tutti i modi di non dover cedere delle motrici, anche perché sarei costretto a svenderle, ma le banche non mi stanno concedendo granché “ossigeno”). Non sono associato ad alcuna federazione e un amico mi ha detto di farlo perché potrei avere la consulenza di persone esperte, magari più addentro a situazioni specifiche dell’autotrasporto rispetto al mio (pur bravo) commercialista. Qualcuno ha avuto esperienze analoghe alla mia e sa dirmi se è possibile avere un “aiuto concreto” associandosi? Magari qualche federazione eroga, in presenza di particolari situazioni che offrano qualche pur minima garanzia (non presa invece in considerazione da certi signori di qualche istituto di credito…) eroga anche prestiti o dà fideiussioni? Grazie anticipato a chi vorrà rispondermi. Ps: navigando in Internet ho visto che esistono diverse associazioni. Escludendo quelle più estremiste stile forconi in cui non credo, quale scegliere?

  16. Marco Berry ha dimenticato di raccontare un aneddoto incredibile: Agata de Rosa nella sua vita da “camionara” ha trasportato perfino degli esplosivi!!!! TOSTAAAAAAAAA!!!!!!

  17. Inarrestabili? Piuttosto come titolo della prossima trasmissione scegliete “Fermateli”. Soprattutto quando escono in sorpasso a 100 all’ora, quando procedono col rimorchi a zig zag, quando guidano guardando un video (visto con i miei occhi sulla A4 Venezia – Milano, altezza casello di Desenzano del Garda…. Questi delinquenti vanno fermati e il Governo deve mettere decine di pattuglie di polizia in autostrada per controllarli!!!!!

  18. Con quello che il Governo spende per centinaia di consulenti o di commissioni che NON SERVONO A NIENTE SE NON A DARE UN GETTONE AGLI AMICI ELETTORI!!!!!!! verrebbero pagati gli stipendi a centinaia di poliziotti della stradale da mettere su strade e autostrade a controllare i camion ma anche, e soprattutto, a sbattere in galere delinquenti che guidato ubriachi o sotto l’effetto di droga. Signor Renzi risolva questi di problemi, risponda a queste di domande che le rivolge la gente perbene che vuole davvero un Paese diverso…

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