L’autotrasporto italiano ha due anni di vita. Poi morirà, ucciso dalla politica

“L’autotrasporto italiano ha un paio di anni di vita al massimo, dopodiché potremo considerarlo definitivamente morto, ucciso da una politica che non ha fatto  nulla per salvarlo”. È una diagnosi  gravissima quella che Angelo Sirtori, presidente di Fai Conftrasporto Milano, ha fatto intervenendo al convegno organizzato al Truck Emotion di Monza proprio per capire quale potrà essere il futuro del settore, messo in ginocchio da una crisi infinita ma soprattutto da un’infinita serie di sbagli commessi dai diversi esponenti politici che in questi anni si sono messi alla guida del Paese. Previsioni funeree purtroppo condivise da molti altri operatori del settore intervenuti all’evento, che hanno chiesto una risposta immediata e durissima al Governo da parte della categoria.  “Ho il mandato della base dei miei associati a dire qui, oggi, che non possiamo più attendere alcuna trattativa”, ha tuonato, dalla prima fila della platea, Pierino Chiandussi, presidente di Confartigianato trasporto del Friuli Venezia Giulia. “Nella mia regione in cinque anni abbiamo perso 750 imprese di autotrasporto: quante ancora dovremmo aspettare di vederne morire prima di ribellarci?”. Una ribellione invocata a gran voce anche da Antonio Petrogalli, una delle “bandiere” di Fai Conftrasporto che si è detto pronto a combattere fino all’ultimo prima di arrendersi e veder morire la propria attività. “Ci hanno obbligati a chiedere la carità, ci hanno messi in condizioni di non poter più sopravvivere, ci hanno perfino preso in giro”, ha urlato Petrogalli. “E di fronte a tutto questo non possiamo non scendere in strada a protestare, non possiamo rifiutarci di combattere. Se è lo scontro che vuole il Governo, che scontro sia”. Messaggi che non lasciano alcuno spazio per l’interpretazione quelli lanciati al Governo e in particolare al ministro ai Trasporti Maurizio Lupi che più volte, ha sottolineato Paolo Uggè, “ha ringraziato l’autotrasporto responsabile per aver evitato, un anno fa, un fermo dei trasporti che sarebbe stato drammatico, mentre altri, i forconi scendevano in piazza. Ora però non sono più i forconi a volere lo scontro, ma sono quegli stessi autotrasportatori responsabili che il Governo, irresponsabilmente, ha messo in ginocchio”.

8 risposte a “L’autotrasporto italiano ha due anni di vita. Poi morirà, ucciso dalla politica

  1. Per farmi un’idea se questo settore avrà un futuro ho sacrificato un sabato e domenica ed ho seguito tutti gli incontri al Truck Emotion devo dire che se dovessi basarmi sulla partecipazione, molto deludente, della base a tutti gli eventi, nonostante il momento drammatico, potrei solo dire che il settore è oramai finito.
    Al di là di questo disinteresse che si ripete negli anni come si ripetono le accuse alle associazioni di fare poco o niente salvo guardarsi bene dal partecipare alla vita associativa, ho constatato che i problemi emersi sono sempre gli stessi (da decenni) e sempre le stesse le oramai note differenze che un qualsiasi lettore può rilevare leggendo i siti delle varie associazioni.
    L’unica cosa che tutti indistintamente hanno rilevato è il momento drammatico del settore che si sta avviando ad un punto di non ritorno e che in “TUTTE” le riunioni si è evidenziata la richiesta di una azione coordinata ed unita di tutte le associazioni (come in Francia) per almeno potere sperare di ottenere qualcosa.
    Allora esorto tutti a passare dalle parole ai fatti , visto che su accise, cabottaggio, delocalizzazione, somministrazione lavoro estero non ci sono grosse differenze, a trovare una piattaforma comune (mettendo da parte personalismi e guerre interne) anche per proporre un’alternativa o dei correttivi ai costi minimi (decisamente ritenuti utili da tutte le basi nei vari incontri) che consentano alla categoria di avere, nonostante l’irrisorio potere contrattuale, contratti dignitosi per chi lavora correttamente e di penalizzare i furbi e chi lavora sul filo o al di là delle regole.
    Perchè se l’autotrasporto morirà non sarà solo perchè ucciso dalla politica ma anche dall’incapacità di una azione coordinata delle sue rappresentanze.
    Associazioni, se proprio non volete farlo per la sopravvivenza della categoria fatelo per la vostra!!

  2. Come sempre il problema sono gli “altri”. Mai che qualcuno si domandi ma noi cosa possiamo fare di costruttivo? le risposte possibili sono: ce la sbrighiamo per conto nostro. Ma come? che sa come muoversi nell’organizzare qualcosa che produca dei risultati? la protesta fine a sè stessa non è indicato per degli operatori che vivono del proprio lavoro. seconda ipotesi continuiamo a parlarci addosso ma non combiniamo nulla. facciamo discorsi sull’unità; su chi rappresenta realmente il settore,, sui principi, etc. Risultato non cambia nulla. esiste la terza che però è per dei trasportatori adulti. Innanzitutto ognuno che vuole può informarsi e farsi una propria idea. Poi su temi come il taglio del recupero dell’accisa, il taglio dei trasferimenti al settore, i costi minimi, etc dobbiamo dire cosa siamo disposti a fare se ce decidono di mantenere la scelta di non riconoscerli più. Fatta la propria idea pretendere di confrontarsi sui temi reali e chiedere alle federazione cosa intendano fare. Se l’associazione alla quale sono iscritto sostiene una posizione che giudico favorevole agli interessi della categoria bene; in caso contrario se le decisioni sono di dirigenti confederali e non ritengo che tutelino i miei interessi, poiché ancora esiste la libertà di associazione lascio quelle realtà che non mi pare diano risposte serie, atte a tutelarmi. certo che se in occasioni difficili come questi, anziché decidere cosa fare se mi tolgono le riduzioni fiscali sul gasolio o se mi tolgono gli sconti sui pedaggio autostradali mi viene detto che bisogna cambiare il metodo degli sconti, oppure che bisogna rivedere i vertici di Unatras o che bisogna stabilire quali siano le federazioni che rappresentano l’autotrasporto, io devo capire che mi stanno prendendo in giro. I problemi sono immediati e se non riusciremo a far cambiare idea al Governo entro il mese di dicembre, cioè prima dell’approvazione della legge di stabilità, noi perderemo tutto. questa è la situazione! Smettiamola allora di ascoltare e iniziamo a valutare ma poi scegliamo chi ci tutela.

  3. Un po di sano ottimismo è quello che ci voleva. Adesso diteci anche che ci pignoreranno la casa e che per lo stress ci prenderemo pure qualche brutta malattia.

  4. L’autotrasporto italiano è già morto, ora stiamo solo cominciando a vedere i risultati. Politiche nazionali lo hanno disincentivato al massimo, dal costo all’iter burocratico delle patenti alle stupidate burocratiche come il Sistri, che nonostante si sappia che non funziona e li hanno arrestati tutti o quasi ci obbligano ancora ad usarlo. Politiche europee lo hanno reso inerme, impassibile, prima con l’apertura a mercati dalla concorrenza insostenibile (puoi abbassare il costo del lavoro quanto vuoi, ma se competi con Croazia o Romania dove le tasse sono un decimo è una lotta persa), poi con le politiche contro le accise e i costi minimi. Il colpo di grazia è arrivato dalla maggior parte delle imprese, specie le grandi, che invece di imporsi quando ci si poteva imporre (che c’era il lavoro e i numeri) hanno preferito delocalizzare, affittare autisti a basso costo da paesi più convenienti, dividere l’azienda in logistica e trasporti e far fallire il secondo (vendendo poi i viaggi), passare gli autisti a cooperative ecc. ecc. E quei pochi che non volevano cedere o hanno chiuso, o si sono adattati. Si lo so, si fa presto a parlare, ma se bloccava quando si aveva la forza aveva un senso. Ora blocchi cosa, che dietro ti passa quella ditta campana con autisti romeni e trattori slovacchi o quell’altra trentina con autisti polacchi su mezzi romeni?! L’apice lo abbiamo toccato con l’associazione di categoria Unitai, che ha aperto in Romania “per agevolare le piccole e medie imprese alla pratica”. Giustificandosi poi che anche Confindustria ha aperto in Romania. Con ottimi risultati, poteva aggiungere. Lo ripeto: se io non posso comprare quello che produco o trasporto, l’economia entra in un vortice che può solo peggiorare. L’autotrasporto è morto, e a breve con la liberalizzazione del cabotaggio ne faremo il funerale.

  5. Bene. Alessandro ci dice: siamo morti a cosa serve lottare. Siete d’accordo? Io no! Perché intanto finchè c’è vita c’è speranza; poi prima di dichiararmi morto voglio combattere per senso di dignità e poi caso mai dire ho fatto il possibile. Infine per diffidenza. Sì io diffido da quelli che mi dicono che ormai tutto è perso. Non so mai a nome di chi parlano. Se sei malato e ti lasci andare, muori di certo; se combatti (è la scienza che lo dice) puoi farcela. Io voglio provarci.

  6. Onestamente, nel settore di dignità ce n’è ben poca. Potrei fare una stima precisa, ma posso dire che il 70% delle RIBA insolute che ho è da parte dei trasportatori, che di onorare il lavoro dei colleghi se ne fregano altamente. Bello dire che è colpa della banca, è colpa di quel cliente, è colpa di quell’altro; poi quando si attiva la responsabilità di filiera il cliente sostiene di aver già pagato il trasporto e il trasportatore si offende per la figuraccia che gli è stata fatta fare, perché bisogna aiutarsi a vicenda e altre amenità simili. Se voglio lottare, è semplicemente perché in qualche modo bisogna rompere questo circolo vizioso … più disoccupazione, più criminalità, più tasse, le imprese se ne vanno, più disoccupazione, più criminalità, più tasse … senza parlare poi di più incidenti, più ore di guida, più anarchia stradale … Ho un’impresa di trasporti, tanta gente ci lavora: come la difendo dalla concorrenza, come la difendo dagli stessi dipendenti fancazzisti che il sindacato tutela, allo stesso modo la devo difendere dal Governo … Signor Roberto B, io c’ero a Monza, a saperlo sarebbe stata piacevole occasione di incontrarsi e scambiare dei pareri, i suoi interventi sono per me interessanti. Le cose dette, mi permetto, sembrano sempre le stesse, ma non lo sono. Il contesto sociale è fortemente cambiato. E se delle associazioni vogliono fare “politica strategica di posizione” anziché “associazionismo”, lo facciano: non ho dubbi che, con una guida credibile e un obiettivo raggiungibile e concreto (questa è la cosa più difficile in assoluto), i trasportatori si fermeranno che siano associati a Fita CNA, Conftrasporto, ConfArtigianato Trasporti, Anita o altre sigle.

  7. Antonio, io prima di parlare ho lottato. Nel mio piccolo, ovviamente. Digiti sul motore di ricerca CB VALANGA e se ne renderà conto. Tranne qualche contatto di solidarietà da qualche associazione di categoria e qualche giornalista non ho sentito nessuno. Anzi, qualche azienda quando ha scoperto le lotte che avevo fatto mi ha detto chiaro di fare attenzione. Cosa ho fatto? Ho denunciato pubblicamente quello che è, per quando assurdo legale: la proposta di un contratto bulgaro da un’azienda italiana. Stesso stipendio, ma tasse e contributi (quindi malattia e pensione) in Bulgaria. Questa è l’Italia: chi denuncia ha più problemi, noie e strascichi di chi fa il furbo. Quindi ribadisco, l’autotrasporto è morto. O Lei mi dice dieci aziende italiane, che investono in Italia, che hanno lavoro in Italia, che viaggiano in regola, che pagano e ricevono pagamenti regolari, che non vendono viaggi a vettori esteri o altre italiche furberie. Io ne conosco un paio, fatte da persone serie, ma mi sembra una percentuale abbastanza bassa…

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