Non v’è dubbio che il cambiamento voluto del presidente del Consiglio Matteo Renzi trovi ampi consensi. Anche per gli operatori del trasporto è così. Il problema è come e con quali tempi. Le imprese di autotrasporto italiane da tempo chiedono di poter divenire “europee” e per questo si battono: per poter essere concorrenziali, per poter lavorare senza che ci sia la necessità di interventi da parte dello Stato. Ma fino ad allora, per non fallire, per non delocalizzare o assumere autisti in “affitto”, le imprese italiane saranno costrette, dalle leggi del mercato, a mantenere, pur rivedendone le misure, interventi che le allineino ai competitori europei. Il tema del costo del lavoro è fondamentale: la differenza media di 20.000 euro l’anno nel costo di un conducente assunto in Italia rispetto a colleghi con contratti di altri Paesi è significativa. Ben vengano le nuove norme sul lavoro, purché con una flessibilità reale e senza introdurre nuovi costi. Inserire il Tfr in busta paga mette a rischio la liquidità delle imprese e non è detto che aiuti i lavoratori. Tagliare la compensazione dell’accisa, come sembra voler proporre il ministero dell’Economia, è altrettanto sconsigliabile almeno per due motivi: il primo perché metterebbe in ginocchio le imprese che operano nei traffici interni, incrementando il costo del trasporto; il secondo perché chi potrà rifornirsi nei Paesi esteri lo farà sicuramente e il danno per le entrate fiscali nella migliore delle ipotesi sarebbe di poco meno di 1.250 milioni di euro (per l’esattezza un miliardo e 242 milioni) come affermano le ultime stime realizzate da Confcommercio. In quanto ai trasferimenti alle imprese, è possibile intervenire ma anche qui con oculatezza. E ridurre i pedaggi autostradali chiedendo lo sconto commerciale ai caselli, come auspica qualcuno, finirebbe per colpire proprio i più deboli, perché verrebbe adottato un sistema che favorirebbe chi fa più passaggi, cioè le imprese più grosse. Con la conseguenza d’incrementare i pedaggi per tutti i cittadini, come avviene nei Paesi dove si applica lo sconto commerciale e dove il pedaggio è, complessivamente, più elevato. Da ultimo, se nel job act, la nuova legge sul lavoro di Matteo Renzi, si prevedono forme di salario minimo garantito, anche per i Co. Co., per dare garanzie ai più deboli, perché il ministro ai Trasporti Maurizio Lupi non prevede l’identificazione di parametri di costi incomprimibili per garantire la sicurezza sulle strade?
Paolo Uggé
E noi cosa facciamo se tagliano le accise? Tutti zitti e Basta come sempre o ci sarà un fermo? Gradirei ricevere una risposta.
Grazie.
Sig. Aldo, partecipi alle varie riunioni territoriali che le varie associazioni (FAI – Conftrasporto di sicuro) stanno predisponendo, e venga a dire cosa lei vuol fare e a sentire i suoi colleghi. Non sono le associazioni di categoria a decidere di fare un fermo o meno, ma sono i trasportatori sia a deciderlo, sia a farlo.
La aspetto.
Il governo dice che vuole rilanciare l’economia e il sistema industriale, dimenticando una cosa fondamentale sulle accise. I costi minimi sono calcolati tenuto conto del prezzo del gasolio “scontato” dal recupero accise. Questo vuole dire che lo sconto accise abbassa il costo del trasporto a vantaggio di chi il trasporto lo usa, abbassa quindi i costi per le industrie commercio ecc. In tasca alle aziende di trasporto non resta nulla, lo sconto è a beneficio del sistema industriale. Non mi pare il caso di toglierlo.