Autotrasporto in fuga dall’Italia, il Gruppo Arcese pronto a licenziare 120 autisti

“In Italia non si può più lavorare, se non si trova una soluzione sono pronto a smantellare tutto quello che ho in Italia. Non sarà un processo veloce, ne tantomeno indolore, ma lo farò”. Così parlò Eleuterio Arcese, presidente di Anita, nel 2009. Ora quelle parole, che cinque anni fa erano suonate come un drammatico Sos lanciato al Governo italiano (ma anche ai sindacati) perché facessero qualcosa per fermare la fuga di imprese di autotrasporto all’estero, risuonano come una fosca previsione destinata ad avverarsi. L’ultima conferma arriva dalla decisione comunicata dall’azienda di chiudere i piazzali di Rivalta (in provincia di Torino), Corbetta (nel milanese, dove lavorano quasi tutti autisti trasferiti negli anni scorsi da Torino) e Rovereto (Trento) licenziando 120 dei 180 autisti. Un taglio che ha spinto i lavoratori a dichiarare lo sciopero. Ma, soprattutto, un taglio che dimostra come il futuro del gruppo Arcese (e più in generale quello di tutto il mondo dell’autotrasporto italiano) non sia più in Italia, dove non esistono ormai da anni le condizioni per lavorare, ma all’estero. Sono i numeri a dirlo: nel 2009, quando il presidente di Anita aveva previsto il rischio di una delocalizzazione di massa (affermando che “l’economia italiana e il mondo dell’autotrasporto in particolare non hanno più bisogno di chiacchiere, di promesse non mantenute, ma di fatti e immediati”, frasi che dovrebbero suonare familiari ai politici che si sono succeduti alla guida del Paese) all’estero, gli autisti di Arcese erano 730. Oggi sono ridotti a poche decine.

15 risposte a “Autotrasporto in fuga dall’Italia, il Gruppo Arcese pronto a licenziare 120 autisti

  1. Rileggere cinque anni dopo frasi tipo “l’economia italiana e il mondo dell’autotrasporto in particolare non hanno più bisogno di chiacchiere, di promesse non mantenute, ma di fatti e immediati”, e pensare che cinque anni sono stati sprecati senza che nessuno, da Berlusconi a Monti, da Letta a Renzi, ha saputo o voluto fare qualcosa di decente per l’economia e per il Paese cosa dovrebbe indurci a pensare? Che di qualsiasi colore politico siano sono accomunati da un comun denominatore: sono nel migliore dei casi degli incapaci, nel peggiore dei ladro che pensano solo a far sparire più denaro possibile per se e per gli amici… Cosa dobbiamo farne di gente simile?

  2. Il vero titolo da fare per un articolo simile avrebbe dovuto essere: “Camionista, lavoro ormai proibito in Italia”. Almeno per gli italiani, soppiantati da migliaia di egiziani e rumeni che le aziende pagano poche centinaia di euro facendogli fare i salti mortali. Ma tutto questo va bene a tutti, compresi i sindacati, compresa la signora Camusso che va in televisione a straparlare di articolo 18 ma su questa maialata sta zitta….

  3. La morte del sindacato così com’è oggi (una mangiatoia per migliaia di quelli che “è sempre meglio che lavorare”, centinaia di “comparse” pronte a scendere in piazza a manifestare dietro pagamento di qualche partito, decine di aspiranti politici e manager di Stato che sanno di trovare nel sindacato la via più breve per arrivare a Roma, ma soprattutto quasi nessuno che tutela i lavoratori nelle vere battaglie) è l’unico vero cambiamento che può far ripartire il Paese.

  4. Mettiamocelo in testa, per un lavoratore italiano che aspiri a uno stipendio decoroso e a una vita dignitosa (tanto per capirci non dormendo in cabina e mangiando un panino freddo gelato ai bordi di una piazzola di un autogrill respirando gli scarichi dei tir del colleghi….) la professione del camionista è morta e sepolta, non c’è più… Qualche giorno fa avete fatto un articolo parlando di nuovi schiavi. E’ davvero così…..

  5. La delocalizzazione è consentita dalle norme europee. Possiamo anche prendercela con i sindacati, ne avremmo motivo, ma i governi cos’hanno fatto (o non fatto) per mantenere le aziende in Italia?

  6. Leggo di gente incazzatissima con i politici, ma il vero cancro dell’Italia sono i sindacati. ha ragione chi ha sottolineato come la Camusso parli di articolo 18 ma degli extracomunitari che guidano 14 ore camion e furgoni (compresi quelli di una società che fa capo a un ministero!!!!!!!) mettendo a repentaglio la propria vita e quella degli altri se ne frega…. La battaglia sui costi minimi per la sicurezza è stata persa, come sostengono in tanti? Anche, se non soprattutto, per colpa dei sindacati che sono stati zitti, muti. Perchè? Comunque, Ogni volta che ci sarà un morto sulle strade provocato da un tir con le gomme lisce e con le pastiglie dei freni ridotte al lumicino guidate da un disperato sbarcato in Italia dal Cairo, saprete di chi sarà stata la colpa.

  7. Il signor Eleuterio Arcese in quell’intervista rilasciata proprio nel 2009 disse anche: “alle industrie italiane non importa se i prodotti viaggiano su camion di imprese nazionali o estere, ma così noi non siamo più competitivi, serve una soluzione duratura per tutti”. Purtroppo anche ai politici italiani non è mai interessato nulla…

  8. Se io non posso comprare quello che produco, o trasporto, l’economia si ferma. Si entra in un vortice che stringe il mercato fino a ucciderlo. È semplice dire “me ne vado”. Poi però va avanti a lavorare qua. Restituisca tutti i soldi che ha preso, di aiuti, incentivi e casse integrazioni (come ha chiesto la provincia autonoma di Trento). Il problema non sono solo i sindacati, anacronistici e inutili (in quanto per licenziarti non serve una lettera ma basta mettertici in condizione, e col lavoro dell’autista basta poco, tipo abitare a Torino e parcheggiare a Milano). Il problema sono per esempio certe associazioni di categoria, che spingono e agevolano ad aprire in Romania. Il problema è questa Europa, che ha aperto troppo presto a mercati troppo differenti da noi. Si dice che in Italia non si possa lavorare, ma credete che Paesi con costi del lavoro simili ai nostri come Francia e Germania possano competere con Romania e Slovacchia. No. Ed ecco perchè in Francia vietano le pause lunghe, in Belgio aumentano i controlli e in Germania li chiamano turisti socialmente pericolosi, aumentando i controlli. Qua si è semplicemente lasciato andare il mercato. In quel periodo presidente di Confindustria era Emma Marcegaglia, dichiaratamente contro il costo minimo del trasporto. Certo, se trovo uno che a 40 centesimi al chilometro mi porta il ferro perchè dovrei pagarlo di più?! Fa niente se poi non fa manutenzione, non paga tasse o non paga l’autista… Non do le colpe ad Arcese o alla Marcegaglia, ma di certo non hanno fatto niente per evitare questa situazione e anzi ci hanno marciato. L’autotrasporto italiano è morto. Ma ripeto, quegli autisti, magazzinieri e operatori a casa sono un costo non solo economico, ma sociale. Quelle persone hanno famiglie, che non possono consumare e quindi portare avanti questa economia. Cambiamo la costituzione: l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro precario o comunitario, sottocosto al limite dello sfruttamento. Perchè è questo che sta succedendo. La stradale si è degnata di fare un controllo al confine della Slovenia: su 60 mezzi, 29 erano fuori regola dal cabotaggio. 29. Fate voi i conti.

  9. Vorrei dire a Patrizio che perlomeno è ingeneroso. Berlusconi non ha colpa se la liberalizzazione del 2005 non venne regolata subito e se l’aumento del gasolio portarono al blocco dei tir del dicembre 2007.
    Nel Giugno 2008, primo accordo, il Governo Berlusconi nonostante la forte opposizione della committenza adottò la proposta di Unatras per riconoscere all’autotrasportatore l’aumento dei costi attraverso l’articolo 83 bis, modificato negli anni seguenti sempre su richiesta pressante delle Associazioni dell’autotrasporto e nonostante il parere contrario dell’Antitrust.
    Maurizio Ti ricordi un altro Governo che si schiera così apertamente con i trasportatori, ovviamente perché’ ritiene fondamentale per la nostra economia il trasporto su gomma.
    Contemporaneamente proprio per aiutare i trasportatori a fronteggiare la crisi economica peggiore del secolo il Governo Berlusconi, attraverso il mio lavoro, raddoppiò gli stanziamenti al settore (riduzione del bollo, sconti sui pedaggi, riduzione Inail…) e istituì il fondo di garanzia al credito al quale sono già state ammesse quasi diecimila aziende di trasporto.
    Che colpa ne ha Berlusconi se i governi “non eletti” che governano il Paese dal 16.11.11 hanno gestito con sufficienza il settore senza cercare un accordo con la committenza su una modifica migliorativa dei costi della sicurezza e senza portare avanti la politica industriale del settore secondo le indicazioni del Piano nazionale della logistica approvato dalla Consulta a dicembre 2010 e il 29.5.12?
    Caro Maurizio il voto è libero, e non sto a chiederti se hai votato per gli unici che per difendere i trasportatori sono andati contro i poteri forti, ma se Berlusconi che per l’aerotrasporto ha messo la faccia come nessun altro, alle ultime elezioni politiche avesse ottenuto 130 mila voti in più nell’ultimo anno e mezzo le cose per i trasporti sarebbero andate meglio. Scusa della franchezza e in bocca al lupo.
    Mino Giachino
    Responsabile nazionale trasporti di Forza Italia.

  10. Ero presente nella delegazione degli imprenditori alle trattative dei qualche anno fa, quando si era riusciti a formare una diversificazione tra imprese di autotrasporto e quelle della spedizione. Da quando ci sono i contratti queste ultime hanno sempre cercato di scaricare i costi sul personale viaggiante. Ricordo la notte nella quale il presidente della Fai (io non appartengo a quella organizzazione) prese a male parole l’allora presidente dell’Anita Arcese perché decise di rompere il fronte e firmare il contratto che proponevano i sindacati. Così venne meno la possibilità di mettere i sindacati di fronte alle loro responsabilità e ottenere un contratto che tenesse conto delle specificità dell’autotrasporto dove già incominciava a prendere piede il ricorso ad autisti rumeni. Se il presidente Arcese, che sa anche riconoscere i propri errori, ripensasse a quella notte dovrebbe provare un senso di colpa. Oggi purtroppo è costretto a scelte difficili se non vuole essere estromesso dal mercato. Ovviamente ora i sindacati protestan: ma allora dov’erano?

  11. Sono un imprenditore di media grandezza e pur se con grande rammarico voglio dire che dopo il superamento di questa fase molto difficile deciderò di trasferirmi all’estero dove il personale costa molto meno; la burocrazia mi agevola e non mi opprime e il sindacato, se c’è, mi aiuta e non mi ostacola. Addio Italia!

  12. Riflessione…
    Uscire dalla crisi? Semplice far pagare a chi fino ad ora ha evaso impunemente creando la situazione attuale in Italia e in Europa.
    Italia paese simbolo di: corruzione, truffa e asssociati deliquenziali legalizzati…
    Italia : dove viene derubricato e quasi annullato il falso in bilancio (vorrei farvi notare che negli Stati Uniti paese non di vocazione comunista il reato di falso in bilancio viene punito penalmente con anni di carcere sequestro dei beni ecc ecc !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!).
    Italia : affrontare una causa civile ? Mamma li turchi ….LASSA Perde che e meio…
    Italia : legge ? MA Esiste la legge in Italia? Pare di sì e solo per pochi. Forse siamo un po’ anarchici opportunisti ?
    Ma de che volemo parla’?
    Questo è un paese alla deriva punto ! E un paeseche sta ‘attraversando un periodo simile alla disfatta dell’impero romano
    che schifo, sono nauseato da questo paese…

  13. Basterebbe a chi sta a Montecitorio: le proteste si possono fare, per esempio seconda settimana di agosto tutti in ferie, riduciamo tutto come possiamo gli acquisti, i consumi, la macchina lasciamola in garage, finite le scorte del mangiare, pane e acqua, i quotidiani lasciamoli in edicola, il cellulare dimentichiamolo devi uscire a piedi, come scende il sole a dormire, per una settimana, meglio ad oltranza, 10 giorni così, si sveglino i politici del cavolo…

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