Ilva: chi trasporta l’acciaio e non è pagato da mesi non deve pagare contributi e Iva

Il caso Ilva, colosso (coi piedi d’argilla) pubblico dell’acciaio alla disperata ricerca di un acquirente, tiene banco da mesi e la situazione che si è determinata è purtroppo sotto gli occhi di tutti. Il blocco della produzione, per ragioni ambientali e di tutela della salute, e gli interventi che magistratura, forze sindacali e azienda hanno di volta in volta assunto hanno determinato una situazione ormai insostenibile che c’è da augurarsi venga risolta in tempi rapidi, grazie al prestito ponte garantito dal recente decreto del presidente della Repubblica che assicurerebbe l’ossigeno necessario per arrivare a una cessione (al gruppo franco indiano Arcelor Mittal?). Non spetta certo a noi attribuire responsabilità su questa ennesima sconfitta italiana: quello che invece ci compete è sottolineare al Governo come il caso Ilva non abbia interessato solo l’area di Taranto, città che su questa azienda praticamente “viveva”,  ma l’intero sistema produttivo legato al mondo Ilva  in diverse aree del Paese. Compreso il settore dell’autotrasporto, con  moltissime imprese coinvolte. Molte di loro non ricevono pagamenti da mesi e diverse saranno inevitabilmente costrette a sospendere i servizi fino a oggi prestati. L’ennesima stangata su un settore già pesantemente toccato dalla crisi. Il dato relativo alla riduzione delle merci trasportate, meno 27 per cento, parla da solo. “L’Ilva è forte, anche se la cassa è vuota”: così titolava un giornale nei giorni scorsi. Anche gli operatori del trasporto hanno le casse vuote, ma loro non sono forti visto che non sanno come pagare i lavoratori oppure i fornitori del gasolio. Sin dall’inizio del caso Ilva, Conftrasporto ha segnalato al Governo lo stato di difficoltà, chiedendo una sospensione dei versamenti contributivi e dell’Iva, almeno fino a quando i flussi dei pagamenti fossero ripresi. Nulla di nuovo e di impossibile: nel passato sono state trovate soluzioni simili  per aiutare un’importante impresa alimentare. Perché non farlo per le imprese di trasporto messe in ginocchio dall’Ilva? Dopo mesi di mancati pagamenti nessuno può chiedere che le imprese di autotrasporto continuino a fare da banca. Nella soluzione ponte prospettata, con un possibile finanziamento di 300 milioni di euro, il governo non commetta l’errore di dimenticare chi consente che le tonnellate di merce vengano trasportate. Gli automezzi non sono alimentati con l’acqua e i conducenti devono essere pagati.

6 risposte a “Ilva: chi trasporta l’acciaio e non è pagato da mesi non deve pagare contributi e Iva

  1. A chiunque non venga pagato uno Stato serio non dovrebbe far pagare l’IIva. Ma questo è uno Stato libero di bananas….

  2. Lo Stato cominci a sequestrare i beni a quei farabutti che falliscono non pagando i fornitori e poi riaprono un’altra attività come se niente fosse, perché uno Stato di farabutti peggio di loro li autorizza a farlo! Poi ne riparliamo…

  3. E quelle banche che si sono prestate ad avallare gli affari sporchi dei Riva, sono disposte ora a finanziare gli affari puliti dei trasportatori o degli altri fornitori che non vengono pagati?

  4. No, sig. Pulcinoglo, parliamo proprio dell’Ilva … anche se lo stesso discorso, o quasi, si potrebbe fare anche per Lucchini.
    Sig.a Alessandra, le banche che hanno avvallato tutti questi affari sporchi dei Riva, hanno indirettamente alimentato i puliti trasportatori per anni, gli stessi che oggi si preoccupano di cosa succederà all’Ilva di Taranto.

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