Ribellione, rivoluzione: ecco i “signori della protesta” che spaventano l’autotrasporto

“Parafrasando Giorgio Gaber si potrebbe tranquillamente affermare che i dati statistici sono come le opinioni: ognuno ha le sue”. Con questo commento ironico il presidente di Unatras e Fai Conftrasporto Paolo Uggé ha commentato le cifre che il segretario generale di Trasportounito, Maurizio Longo, ha inserito nel comunicato in cui conferma il fermo nazionale dell’autotrasporto che, si legge nel documento, “scatterà alla mezzanotte di domenica 8 dicembre ed è finalizzato ad affermare rivendicazioni che garantiscano le condizioni minime di sopravvivenza per una categoria alla quale il Governo si ostina a non dare risposte”. Un comunicato che mette in primo piano innanzitutto i numeri dell’associazione: “Trasportounito, unica associazione autonoma della rappresentanza dell’autotrasporto in questa vertenza con il Governo rappresenta, oltre alle proprie diecimila imprese associate con circa cinquanta associazioni provinciali, anche altre associazioni autonome dell’autotrasporto (Aitras, Assiotrat, Assotrasport, Azione nel Trasporto, Movimento Autonomo Trasportatori, Sati)”, afferma sempre Maurizio Longo, che non nasconde la consapevolezza “della tensione che inevitabilmente infiammerà il Paese la prossima settimana”. Tensione che, accusa il leader di Trasportounito, il Governo non avverte, visto che non ha avvertito neanche “l’esigenza di convocare i rappresentanti dell’autotrasporto  per verificare la possibilità di evitare un trauma al Paese di cui si assumerà tutte le responsabilità”. Un trauma raccontato sempre dai numeri elencati da Longo: “80.000 dipendenti a rischio licenziamento entro l’anno 2013 (considerando anche i termini delle procedure cig ecc); indebitamento medio di 31.000 euro per ogni mezzo pesante; 70 per cento delle imprese i cui debiti a breve sono tali da provocare il fallimento dell’azienda, 32.000 veicoli pesanti non coperti da assicurazione Rca; 12.000 mezzi industriali custoditi in depositi giudiziari; 27 per cento dei veicoli pesanti in circolazione non in regola con le normative del Codice della Strada e della disciplina di settore…”.  Uno scenario da incubo. ” Un incubo che il signor Longo pensa davvero di far dissolvere con il fermo?”, si domanda Paolo Uggè? “Davvero pensa di  risolvere questi grandi problemi immediatamente con una protesta? Quali strumenti legislativi utilizzerà come “bacchetta magica”? E soprattutto con quali norme pensa di intervenire il fantasioso coordinatore dei movimenti di protesta per la ribellione e la rivoluzione? Non sono mie definizioni: sono parole presenti nei comunicati diffusi dai “signori della protesta” e quando dico “signori”  il signor Maurizio Longo sa a cosa mi riferisco”.

4 risposte a “Ribellione, rivoluzione: ecco i “signori della protesta” che spaventano l’autotrasporto

  1. Non spaventano solo l’autotrasporto. Mi ricordano i nuovi fascisti guidati da un signore che un tempo pensava di far ridere e oggi fa piangere visto che appartiene alla categoria di chi pensa che “o la pensi come me o la pensi contro di me…”

  2. In questo Paese una persona onesta dimentica di fare un versamento e lo massacrano. Poi ci sono delinquenti che minacciano chi non la pensa come loro (avete presente la Val di Susa?) e tutti zitti, tutti a guardare senza intervenire. Spero di sbagliarmi ma l’arra che si respira nei Cobas dell’autotrasporto mi puzza di bruciassimo….

  3. In un Paese normale è giusto e doveroso permettere a chi protesta di sostenere le proprie ragioni, sempre nell’ambito, ovviamente, della civiltà e, soprattutto, della legalità. Siamo perfettamente consapevoli dei problemi dell’autotrasporto, drammatici come drammatica è la situazione economica del nostro Paese; riteniamo però che la protesta non vada semplicemente cavalcata, ma gestita: chi ha la responsabilità di dirigere una associazione di categoria ha il compito e il dovere di rappresentare le ragioni dei propri assistiti, cercando tutte le soluzioni percorribili attraverso il confronto, la mediazione, la sensibilizzazione, la trattativa; anche le manifestazioni di protesta, purché non strumentale e nel rispetto dei diritti di tutti.
    Se Trasportounito, come dichiarato, è presente in 50 Province e rappresenta 10.000 imprese di autotrasporto, inviti le proprie imprese a fermarsi: con questi numeri la protesta sarà senza dubbio efficace. Ma se un solo camion di queste o altre imprese dovesse mettersi di traverso e impedire ad altri, operatori o cittadini, di circolare, la protesta uscirà dai binari della legittimità e, l’Autotrasporto perderà un’altra occasione per dimostrare il proprio ruolo di settore fondamentale per l’economia del nostro Paese.
    Marco Colombo – FAI Milano

  4. Il problema è che, come già visto in passato, questi signori che si innalzano a rappresentanti di categoria vogliono solo cogliere ogni buona occasione per avere visibilità sui media. Speculando su tutti e tutto. Approfittando della disperazione e delle difficoltà degli altri, senza spiegare che qualsiasi legge o qualsiasi agevolazione non servirà a nulla se non ben usata.
    A questo aggiungiamoci che si affiancano a quei trasportatori (o pseudo tali) che urlano che vogliono lo sconto del gasolio immediato alla pompa o gli sconti autostradali direttamente ai caselli. Ma di cosa parliamo? Un mese fa la proclamazione del fermo per il recupero delle accise, cavalcando un problema che era già bello che superato. Poi revocano gridando alla grande vittoria dell’autotrasporto (???). Oggi, rifiutano il protocollo d’intesa dichiarando che non vogliono soldi ma leggi. Ma sarà proprio il trasportatore che non può presentare la domanda per il recupero delle accise o dei pedaggi a essere il primo a infrangerla la legge, perseverando nella concorrenza sleale a chi il gasolio lo acquista regolarmente e le fatture le registra e non le strappa??? Non vogliono soldi perché il 22% di Iva è già un buon guadagno…

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