Il casco in bici salva la vita oppure no? Lo indossava il 63% dei morti in Spagna

E se il casco in bici non salvasse la vita? In Spagna i dubbi sono moltissimi, come spiega un’inchiesta del quotidiano iberico El Pais ripresa nei giorni scorsi dal sito bikeitalia.it. Secondo i dati raccolti dalla Direzione Generale del Traffico (DGT), il 63 per cento dei ciclisti uccisi in Spagna nel 2012 indossava il casco. La statistica è stata diffusa da El Pais a pochi giorni dall’approvazione delle modifiche del Codice della strada spagnolo che prevede il casco obbligatorio per i minorenni. Ora si attende il via libera da parte del Parlamento.

“Durissima la reazione di ConBici, coordinatrice di 51 associazioni spagnole”, si legge su bikeitalia.it, “schierate già dalla scorsa primavera in aperto contrasto con la nuova norma. Ma contro l’obbligatorietà del casco non ci sono solo le associazioni di ciclisti urbani; anche l’Associazione dei Ciclisti Professionisti (Acp), i rappresentanti dell’industria ciclistica – attraverso la Bicicletta Business Platform (Peb) – l’Associazione dei Produttori (Ambe), e decine di amministrazioni comunali, hanno espresso il proprio parere contrario ad una legge che servirebbe soprattutto a disincentivare gli spostamenti in bicicletta e a far diminuire la già esigua quota di ciclisti abituali”. Dei 72 ciclisti morti nel corso del 2012, 53 su strade extraurbane e 19 in città, il 63 per cento (45) indossava il casco. È evidente che la maggior parte degli investimenti mortali avviene ai danni di ciclisti muniti di casco senza che questo riesca a salvare le loro vite, dicono dall’associazione ConBici.

Una risposta a “Il casco in bici salva la vita oppure no? Lo indossava il 63% dei morti in Spagna

  1. Se ci fermassimo alla semplice statistica, potremmo anche desumere che il casco non solo non salva la vita ma addirittura la mette in pericolo!! In realtà, per capire a fondo il problema e per poter avere gli elementi per proporre una soluzione, occorrerebbe anche conoscere e analizzare la dinamica degli incidenti, la tipologia di protezioni indossate (solo il casco?) e la tipologia delle ferite riportate (specialmente quelle risultate mortali). In questo modo si potrebbe analizzare l’efficacia delle protezioni e azzardare una valutazione sulla loro efficacia e adeguatezza.
    Tutto questo, correggetemi se sbaglio, è gia stato fatto, e si sta facendo, nell’ambito delle protezioni per motociclisti.
    Ma l’aspetto più importante è l’educazione stradale. 50 anni fa c’erano molte più biciclette e molti meno mezzi a motore. Era quindi abbastanza sostenibile un certo livello di disinteressamento per le regole del CdS da parte degli utenti a pedali. Ma col volume di traffico attuale non è più sostenibile.

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