Scali ferroviari dismessi: Milano ne ha sette e si interroga sul loro futuro

A Milano ci sono sette scali ferroviari dismessi che rappresentano un’occasione eccezionale e irripetibile di trasformazione urbana e di messa a punto di un’idea di città. È partendo da questa considerazione che Laura Montedoro, ricercatrice di ruolo in Urbanistica presso il Politecnico di Milano, è partita per realizzare il volume Gli scali ferroviari nel futuro di Milano che verrà presentato all’Urban center , in Galleria Vittorio Emanuele II, il 28 maggio alle 16.30 con l’intervento di Ada Lucia De Cesaris, vicesindaco di Milano e assessore all’Urbanistica. Un volume che, attraverso numerosi contributi, punta a delineare le sfide cruciali per Milano proponendo diverse sperimentazioni progettuali per il riordino degli scali e mettendole al centro di un dibattito, al quale hanno partecipato anche figure di rilievo culturale come Luigi Mazza e Pierluigi Nicolin. La questione della valorizzazione degli scali ferroviari  e dei processi di rigenerazione urbana che potrebbero derivarne  è in strettissima correlazione con quella che riguarda altri vuoti urbani di aree produttive e ai grandi contenitori dismessi, come ex caserme, ex ospedali, ex mercati generali, ex macelli, ex impianti energetici, in tulle  le principali città italiane, attraversate da fenomeni di dismissione rilevanti, rispetto ai quali spesso non si è in grado di valutare l’entità complessiva e i possibili effetti sul tessuto urbano. Un tema, quello della dismissione e valorizzazione dei patrimoni pubblici, che fa ormai parte da alcuni anni del dibattito politico italiano. Un dibattito che ora si arricchisce del contributo di questo volume che accende i riflettori  sulla necessità di utilizzare e valorizzare il patrimonio pubblico dismesso o in corso di dismissione come occasione di sviluppo urbano, impedendo che il non fare, il non intervenire, continuino ad avere ripercussioni negative, sia in termini di vivibilità degli ambiti interessati, sia in termini di ostacolo a possibili progetti di riqualificazione che potrebbero innescare processi di sviluppo e rigenerazione urbana. Progetti che vedono aumentare (o troppo spesso diminuire) le possibilità di trasformarsi in realtà in proporzione all’appetibilità degli immobili o delle aree dismesse di proprietà pubblica, appetibilità che dipenda dalle attività che vi si potranno svolgere. La vicenda degli ex scali ferroviari di Milano (per i quali Il nuovo Piano generale del territorio sposa la linea del binomio “case + verde”, con la previsione di trasformare 750 mila metri quadrati in verde e spazi pubblici e il rimanente, circa 450 mila metri quadrati, da vendere a privati che potranno costruire solo garantendo in cambio una quota di servizi e alloggi in housing sociale) rappresenta un perfetto esempio delle difficoltà del quadro normativo italiano a conciliare obiettivi statali e potenzialità locali. Un’occasione persa, almeno per ora, con la crisi economica che ha accentuato tendenze già in atto. Il libro ha il merito, tra gli altri, di  porre l’attenzione su questo importante patrimonio di aree, su cui si gioca una importante partita per il futuro della città.

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