Ricarica dell’aria condizionata a rischio: 50mila officine senza autorizzazione

Quest’anno ricaricare e controllare il funzionamento dell’aria condizionata dell’auto potrebbe essere più complicato. L’officina al quale normalmente ci affidiamo potrebbe essere infatti una delle 50mila in Italia – su un totale di 85mila – che non possono più farlo. Da quest’anno infatti, è necessaria un’autorizzazione per operare con i gas fluorurati, contenuti nell’impianto di aria condizionata di tutti gli autoveicoli. Lo fanno notare gli autoriparatori della Cna che, ricordano come anche negli anni scorsi “erano sempre le stesse officine a maneggiare gli stessi gas. Lavoro fatto bene e automobilisti soddisfatti”. 

Ore le cose sono cambiate, visto che le 50mila officine in questione, per continuare a svolgere un lavoro che fanno da anni, con l’entrata in vigore del Dpr 43-2012 che dà attuazione a distanza di oltre sei anni a un regolamento europeo, sono obbligate a seguire un corso teorico-pratico che attesti le loro conoscenze e competenze in materia di trattamento dei gas fluorurati. E il tutto avviene – dicono gli artigiani della Cna – per così dire all’italiana. Prima si fanno passare invano oltre sei anni e poi, per non pagare le multe salate per infrazione Ue (il procedimento Ue è già pronto per scattare), si corre in fretta e furia ai ripari emanando un provvedimento che aggiunge inutili balzelli amministrativi ed economici a carico di autoriparatori che per svolgere il lavoro che fanno da sempre oggi devono iscriversi a un registro telematico, caso unico in Europa. “Al danno si aggiunge la beffa”, afferma la confederazione artigiana, “l’attività rischia di bloccarsi perché ci vorranno mesi per mettere in regola decine di migliaia di imprese”. Milioni di automobilisti italiani (le vetture dotate di aria condizionata in Italia sono circa 17 milioni) rischiano così di non poter mettere in regola il proprio impianto. “La categoria vede questo nuovo obbligo come una tassa ingiustificata” dice la Cna la quale, anche per i costi aggiuntivi che tutto ciò comporta in un comparto già messo a dura prova dalla crisi (-30 per cento di fatturato, domanda in calo vertiginoso e mancanza di liquidità), ha chiesto al Ministero dell’Ambiente di esentare dai nuovi obblighi l’attività delle 85mila imprese.

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