Incentivi per le auto ecologiche: ci sono 50 milioni, ma solo le briciole per i privati

Da quest’anno partono gli incentivi statali per l’acquisto di veicoli a basse emissioni di CO2, ossia quelli che consumano anidride carbonica fino a 120 grammi per chilometro. La cifra stanziata è di 50 milioni di euro per il 2013 e 45 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Secondo gli addetti ai lavori, però, leggendo con attenzione gli articoli 17 bis e seguenti del decreto Sviluppo (del 7 agosto 2012 n. 134), dedicati alle disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità sostenibile, non è il caso di farsi troppe illusioni. Anzi. Secondo costruttori e concessionari il sistema degli incentivi, così come strutturato, è insufficiente a stimolare il mercato dell’auto se non, addirittura, inapplicabile. 

Il fondo, a esaurimento, è considerato piuttosto esiguo, soprattutto per le auto elettriche (nel primo anno i bonus potrebbero esaurirsi in un paio di mesi) e comunque, affermano dall’Unrae, vendere 25mila auto in più all’anno non servirebbe a risollevare un mercato in caduta libera. Poi, il sistema è studiato per lasciare solo le briciole ai privati cittadini, visto che è destinato quasi esclusivamente alla sostituzione di flotte aziendali tramite il meccanismo della rottamazione (ma c’è da chiedersi – ed è una delle critiche più forti – quante aziende hanno auto vecchie di almeno un decennio da rottamare). La ripartizione dei 50 milioni di euro stanziati per il 2013 parla chiaro: solo 15 milioni andranno ai veicoli che producono da 0 a 95 g/km di CO2 (appunto le auto elettriche e qualche ibrido e gpl), e ben il 70 per cento di questa cifra è destinata alla sostituzione (legata, come detto, alla rottamazione) di veicoli aziendali, veicoli “destinati all’uso di terzi” (taxi, autonoleggi) e veicoli di professionisti e artigiani che li utilizzano esclusivamente per la propria attività. Dunque solo il residuo 30 per cento è destinato, senza vincolo di rottamazione, ai privati cittadini che vogliano acquistare un veicolo elettrico. I restanti 35 milioni di euro sono destinati a incentivare l’acquisto di auto con emissioni fino a 120 g/km (ibridi, metano e gpl), ma saranno appannaggio esclusivo di aziende pubbliche e private, artigiani e professionisti (sempre a condizione di rottamare un veicolo immatricolato almeno 10 anni prima della data di acquisto del nuovo). Neanche un centesimo per i privati.

Una risposta a “Incentivi per le auto ecologiche: ci sono 50 milioni, ma solo le briciole per i privati

  1. Il provvedimento, come i precedenti analoghi, dichiara o fa presumere finalità ambientali, ma si risolverà invece in un grosso danno per il clima del pianeta, senza vantaggi apprezzabili in ambiti locali, per i motivi che cercherò di documentare. Da questo rapporto dell’International Energy Agency http://www.iea.org/weo/docs/weo2011/factsheets.pdf – come da tutti quelli redatti in sedi qualificate – risulta: a)- che la grande maggioranza (circa l’ 80%) dell’energia consumata nel mondo è oggi prodotta bruciando combustibili inquinanti e/o climalteranti come carbone, petrolio e metano; b)- che si presume si andrà ancora avanti così per decenni a venire. Il “costo energetico” di un’autovettura media, per esempio la VW Golf, è di 18.000-22.000 kWh ( http://de.wikipedia.org/wiki/Graue_Energie ) cioè 6-7 volte maggiore del consumo elettrico ANNUALE di una famiglia media italiana; ed esso aumenta all’incirca quanto il prezzo di vendita ed il peso per categorie di auto come le monovolume, i fuoristrada e i SUV, che da un paio di lustri almeno rappresentano una quota non trascurabile di quelle acquistate nuove. Da almeno 15 anni è cosa arcinota in ambito automobilistico che tutte le vetture – anche quelle delle marche meno illustri – vengono prodotte prevedendo che debbano percorrere, senza problemi di rilievo, non meno di 250.000 chilometri. E’ quindi solo al raggiungimento di quella percorrenza che il loro costo energetico si può considerare ammortizzato. Il provvedimento prescrive invece un’età minima di 10 anni per la rottamabilità di un’auto, ma è una risibile “foglia di fico”: gli anni – passati magari in un box -non significano di per sè chilometri percorsi. INCISO: La percorrenza media annua delle auto italiane, nel decennio 2000-2009, ( http://www.autopromotec.it/ew/news/ChilometriMediAnnuali.pdf ) è stata di circa 13.000 chilometri. Come dire che esse hanno, o avrebbero, impiegato appunto 10 anni per ammortizzare poco più della metà del loro costo energetico. Ed è perciò presumibile che gran parte delle circa 5 milioni rottamate negli ultimi 5 anni non avessero raggiunto nemmeno quel semi-traguardo e che pochissime, se non nessuna, avessero raggiunto il traguardo intero. Perciò la rottamazione-sostituzione di un’auto, prodotta negli ultimi 15 anni, che abbia percorso meno di 250.000 chilometri, comporta: a)- lo spreco del suo costo energetico non ancora ammortizzato (come se l’inquinamento ad esso conseguente fosse stato prodotto senza alcuno scopo); b)- l’anticipata “spesa” del costo energetico della rottamazione (non grande, ma nemmeno trascurabile); c)- l’anticipata “spesa” dell’ingente costo energetico dell’auto sostitutiva. Il danno ambientale così prodotto risulta quindi enormemente maggiore (almeno centinaia di volte) di quello che si sarebbe avuto lasciando circolare la vecchia auto fino alla fine dei suoi programmati chilometri di vita; perchè è minima la differenza fa le sue emissioni nocive e quelle dell’auto sostitutiva ( http://en.wikipedia.org/wiki/European_emission_standards ) e perchè è piccola la quota di inquinamento urbano che gli esperti VERI addebitano AGLI SCARICHI delle auto. Stando per esempio a questo articolo http://www.automoto.it/eco/polveri-sottili-tutto-quello-che-non-vi-dicono.html , scritto da un giornalista automobilistico di grande preparazione ed esperienza, Enrico De Vita, il “particolato”, che è l’inquinante più nocivo alla salute, solo per il 33% è generato dalla circolazione di mezzi privati e, di quella già ridotta quota, solo il 42% esce dai loro scarichi mentre il 58% è in parte generato dai pneumatici e in parte da essi sollevato; e lo è (o sarebbe) anche da quelli di veicoli “a inquinamento zero”, come gli elettrici. Un rimedio parziale, ma nei suoi limiti efficace, sarebbe perciò il lavaggio periodico delle strade cittadine, soluzione che però costa e che quindi nessun comune (italiano) adotta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *