Convenzione delle Alpi, la Camera dice sì. Meno merci sui Tir, più trasporti sui treni?

Con il voto favorevole alla Camera, a larga maggioranza, l’Italia ha messo fine, dopo oltre 10 anni, alla procedura di ratifica del Protocollo trasporti della Convenzione Internazionale delle Alpi. Il protocollo diventa così giuridicamente vincolante sul territorio italiano, cambiando (sulla carta) strada sulla politica dei trasporti nelle Alpi, con l’obiettivo, in particolare, di  favorire il trasferimento del trasporto di merci dalla strada alla ferrovia. Come avverrà questo trasferimento in concreto non è dato a sapersi, anche alla luce del fatto che la politica del trasporto merci su treni negli ultimi anni in Italia ha viaggiato indietro tutta, tagliando risorse e strutture invece di aumentarle. E, come non bastasse, se nell’autunno del 2016 la Svizzera completerà il progetto AlpTransit, ossia la nuova ferrovia sotto le Alpi in grado di caricare i camion sulle rotaie, nulla di nuovo è stato fatto in Lombardia per collegarsi alla nuova rete. Dati che faranno sicuramente riflettere chi oggi festeggia il Protocollo, con il segretario generale della Convenzione delle Alpi, Marco Onida, che ha seguito da vicino la questione dal 2007, e che ha espresso “grande soddisfazione, ringraziando tutti i membri del Parlamento e del Governo e gli esponenti delle istituzioni europee che negli scorsi mesi hanno permesso di superare l’anacronistica opposizione proveniente da alcune lobby dell’autotrasporto, le quali non hanno compreso che non è stando fuori dai trattati internazionali, bensì rispettandoli, che si possono influenzare i destini delle Alpi e dell’economia”.

Una risposta a “Convenzione delle Alpi, la Camera dice sì. Meno merci sui Tir, più trasporti sui treni?

  1. Il segretario della Convenzione delle Alpi ha provato a fare il colpo ma gli è riuscito a metà. Quanto votato dal Parlamento è la ratifica del Protocollo, sottoscritto da Bersani quando era ministro dei Trasporti, con alcuni impegni che il Governo si è dovuto assumere. Cioè all’atto della ratifica dovrà apporre la clausola che mantiene il dirittto del nostro Paese a realizzare opere al proprio interno, anche se situate nell’arco alpino, purchè non entri in altri Stati.
    Questo è il parere vincolante della Commissioni Ambiente, Trasporti, Attività produttive ed Esteri della Camera. A questi si aggiungono due ordini del giorno votati da Camera e Senato che impegnano politicamente in tal sensso il Governo.
    Quello che dice Onida non risponde a verità. Il tema non era legato alla lobby degli autotrasportatori. Non credo che Confindustria, Confcommercio rappresentino il mondo del trasporto. Eppure erano contrari in quanto l’interpretazione data era che nel testo del protocollo erano presenti ambiguità tali da non fornire la certezza di essere padroni in casa nostra. A Onida queste cose le avevo chiaramente illustrate e senza l’intervento deciso non si sarebbero neppure avuti quei vincoli a salvaguardia. Ora tutto dipende dal Governo. Personalmente ho poca fiducia, anche se esistono lettere dei ministri (Esteri e Trasporti) che ribadiscono l’interesse del Governo a inserire la clausola. Staremo a vedere in quanto non riteniamo l’argomento secondario. Su tale aspetto occorre riconoscere che il solo partito che ha tenuto coerentemente la posizione contraria, infatti ha votato contro, è stata la Lega Nord. Forse maggior coerenza ci sarebbe dovuta essere anche da altri gruppi che avevano condiviso le preoccupazioni legate ai contenuti del protocollo trasporti. A noi non interessa dire che abbiamo vinto. A noi interessa aver fatto una battaglia per l’interesse del nostro Paese. Altri non so se potranno affermarlo. Comunque quanto uscito dal Parlamento offre le possibilità al Governo di tutelarsi più di prima. E questo lo sa anche Onida.

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