Attenti alle manovre che aiutano il Paese e a quelle che aiutano i soliti noti…

Annunciata con grandi squilli di tromba, la manovra, che dovrebbe favorire le condizioni di sviluppo del Paese, si appresta, una volta emanata, ad affrontare l’esame del Parlamento. L’augurio è che la classe politica non si divida, come sempre, sulle ricette da portare avanti e che la demagogia non la faccia da padrona perché le imprese italiane di tutto necessitano in questo momento tranne che di assistere a un dibattito fondato su proposte ipotetiche, insostenibili e soprattutto senza la necessaria copertura finanziaria. Chiunque, di qualsiasi colore politico, non voglia raccontare frottole agli italiani, dovrà spiegare chiaramente loro che gli investimenti devono corrispondere a tagli strutturali.

Gli imprenditori seri, stanchi di parole vuote e di polemiche, chiedono questa volta  fatti concreti. Sulle possibili misure necessarie si sono già esercitati fin troppi esperti pronti a fornire suggerimenti e tutti convinti di aver la ricetta giusta da proporre. Difficile saper scindere le proposte dagli interessi rappresentati. Niente di scandaloso, se fatto alla luce del sole. Ciò che non è accettabile è il tentativo di presentarsi come coloro che pensano al bene comune ma in realtà prospettano ipotesi che sono in tutta evidenza frutto di interessi di parte. Sentire richieste di liberalizzazione e non trovare alcun riferimento alla necessità di mettere fine a una situazione nelle ferrovie dove chi ha la proprietà delle reti effettua anche la trazione non è certo un esempio di coerenza. E altrettanto poco coerente e serio sarebbe trasformare un gran favore al sistema bancario, perché di questo si tratta, in uno strumento di lotta all’evasione attraverso l’imposizione del limite di 500 euro  per l’utilizzo del contante, non tenendo conto delle difficoltà che si determineranno per le categorie deboli che in molti casi non sono depositari di conto corrente o a mala pena riescono a compilare un assegno. Non affrontare il tema del ricorso al personale in affitto, pratica sempre più diffusa nelle imprese di trasporto equivalente  ai fenomeni di delocalizzazione messi in atto dalle imprese produttrici per incrementare la competitività, significa poi trasferire quote di reddito e ridurre i livelli occupazionali. Se l’operazione è legittima, allora si consenta a tutti,  ma si riducano gli interventi sul costo del lavoro a favore del comparto. Prevedere interventi a favore dei processi logistici utilizzando le aree demaniali e retroportuali senza l’approvazione della riforma del sistema portuale e soprattutto senza l’individuazione di un responsabile che coordini gli interventi secondo quanto contenuto nel Piano della logistica, rischia di vanificare un’intuizione che va nella giusta direzione. Per fare questo si trasferisca la gestione della Consulta della logistica presso la Presidenza del Consiglio e si attribuisca al suo presidente il compito e la responsabilità del coordinamento.

Paolo Uggè 

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