“Nuovi limiti per i Tir: il Codacons ha idea di che danno causa al Paese?”

Vittoria, vittoria!!!!! I bisonti della strada sono stati fermati, coloro che sacrificano vite umane sull’altare del profitto, finalmente spengono i motori per altri cinque venerdì. Probabilmente ci sono molte persone che stanno esultando per la decisione con cui i giudici del tribunale amministrativo regionale del Lazio hanno accolto la richiesta dei signori del Codacons di imporre nuovi limiti di circolazione ai camion alla vigilia delle partenze per le vacanze. Persone che, in molti casi, sono solo patetiche, ignoranti e demagogiche e che dimostrano solo di conoscere ben poco, anzi niente, del nostro settore.

Se non fossero ignoranti, se non volessero fare demagogia di basso profilo per procurarsi consensi, e volessero invece fare una reale e obiettiva analisi della realtà, capirebbero immediatamente che riducendo il numero di giorni in cui i tir possono circolare  il traffico pesante si concentrerà. E comprenderebbero anche che, così facendo,  sarà sempre più difficile rispettare le norme relative alle soste e ai riposi, con una velocità commerciali in caduta libera (e già oggi è abbondantemente sotto la media europea?). Col risultato di far crescere code e intasamenti, e dunque il pericolo. Così non si tutela la sicurezza, si fa esattamente il contrario. Ma che ne sa il signor Carlo Rienzi, presidente del Codacons di tutto questo? Basta andare a rileggere il titolo del comunicato stampa che ha trionfalmente diffuso dopo la sentenza del Tar del Lazion per capire dove vuole andare a parare. Quello che cerca è solo consenso a buon mercato e, soprattutto, a spese della nostra categoria e, quel che è peggio, del sistema Italia. Forse al signor Rienzi va bene vivere nel Paese degli spaghetti e del mandolino, dei ponti infiniti e della vacanza eterna, dove resta sempre meno spazio a chi lavora e sostiene l’economia del Paese. NPer colpa di queste scelte migliaia di autotrasportatori oggi si ritrovano nelle condizioni di dover gestire il caos più completo, ma questo il Codacons fa finta di non saperlo.  Come forse fa finta di non sapere che noi trasportiamo merci, non per svago ma, per alimentare il sistema Italia che subirà così un’ulteriore battuta di arresto. E infine voglio dire a tutti i rappresentanti del Codacons e al suo “conducente” principale, il signor Rienzi, “difensore dell’ambiente dei diritti degli utenti e dei consumatori”, grazie. Grazie come italiano, perché i nostri mezzi rimarranno fermi quando quelli di tutta Europa si muoveranno (assestando un’ulteriore mazzata al nostro sistema economico); grazie  perché, i nostri vettori e i conducenti per alimentare regolarmente produzione e commercio dovranno imparare a volare; grazie  perché i nostri  vettori e conducenti rimarranno per ore sotto il sole a guardare chi và al mare o in montagna; grazie a nome di  tutti coloro che lavorano negli uffici traffico italiani e internazionali e si ritroveranno a dover affrontare una mole di lavoro in più perrimediare ai guai di queste decisioni. E, ancora, Grazie da parte di coloro che lavorano su tutte le piattaforme di distribuzione nazionali edinternazionali; grazie a nome del made in Italy in generale, perché arriverà sempre più tardi sui mercati, costerà di più e se ne venderà di meno. Grazie, mille volte grazie signor Rienzi, signori del Codacons.

Carlo Antonetti (segretario regionale FAI Abruzzo)

Carlo Antonetti

10 risposte a ““Nuovi limiti per i Tir: il Codacons ha idea di che danno causa al Paese?”

  1. La presidente di Confindustria, che ormai ha saturato i propri interventi del concetto di “crescita”, incredibilmente “TACE”.
    Il Ministro dei Trasporti, che pareva avere ben compreso il concetto “ridurre giorni di circolazione = penalizzazione del sistema economico e produttivo”, considerando che, ormai, non sono i trasportatori a scegliere come far viaggiare la merce ma sono altri soggetti (GDO, ecc.) con molteplici necessità (Supply Chain, Cross docking, ecc.), che scelgono il trasporto su strada per la sua capacità di risposta, “SOTTOSCRIVE” il decreto a qualche ora dall’entrata in vigore del primo nuovo divieto. Come se per decreto si riducono i rischi nella sicurezza stradale.
    I rappresentanti della GDO, quelli della distribuzione dei prodotti che servono di più alle famiglie e magari nei luoghi di vacanza, anche loro “TACCIONO”. Però alzano la voce quando rivendicano il diritto ritenuto sacrosanto di “PAGARE” i trasportatori quanto e quando vogliono. Anzi se la ridono dicendosi l’uno con l’altro che “COMUNQUE LE CONSEGNE DEVONO ESSERE FATTE”, in un modo o nell’altro, altrimenti le penalità fioccano (ex modello pallets o nuovo molo SLOT).
    Mi piacerebbe che qualcuno della GDO o del mondo della produzione calcolasse il danno relativo ad una mancata consegna, ad una concentrazione del carico – scarico della merce, ad un ritardo, alla mancata consegna di semilavorati che servono in una linea di montaggio o di confezionamento di qualsiasi prodotto (costo del mancato lavoro degli operai e chiunque altro coinvolto, compresi). E poi inviasse il conto al Sig. Codacons.
    Qualcuno ha fatto così tanto fumo e arrosto per un giorno in più di “festività nazionale” , il famoso 17 marzo 2011, che ha richiesto anche accordi tra sindacati e datori di lavoro per individuare come liquidare economicamente la giornata, che ha fatto emergere differenze di posizione tra i “politici” in Parlamento. E su questo “FURTO” di ore di lavoro (si caro Presidente Rienzi, di lavoro e non solo degli autotrasportatori) nessuno di questi saccenti obbietta alcunché.
    Qualcuno dovrebbe proprio guardarsi allo specchio e ….. “SPUTARSI ADDOSSO” !!

  2. Ma la gente si è mai chiesta come arrivano la verdura o il pesce fresco ogni mattina, i rifornimenti ai vari supermercati dove ci divertiamo tanto?! E le materie prime delle aziende? È il miracolo di babbo Natale con al risveglio tutti i doni al proprio posto? L’Italia è nelle mani del trasporto e il giorno che i grossi trasportatori non potranno più avvalersi dei piccoli da far sopravvivere e dovranno rimetterci loro forse potremo arrivare a far tremare e a farci valere.

  3. Esatto Mari. Hai centrato il problema. I piccoli trasportatori non possono avere lo status di imprenditore. Sono/siamo semplicemente lavoratori dipendenti! Ma senza diritti.

  4. Scusate eh… ma dopo vent’anni che giro per l’Europa mi posso permettere di dire un paio di cosucce… Siamo un Paese di dilettanti, gestito da un “branco” di politici dilettanti, con una viabilità vergognosa se paragonata alle grandi nazioni europee (in primis la Germania). Siamo una categoria di dilettanti, gestita da associazioni che tutto fanno all’infuori di salvaguardare gli interessi di noi trasportatori e capaci solo di scontrarsi politicamente tra di loro!!! Allora mi chiedo se non siano questi i nostri meriti, naturalmente mi riferisco al divieto selvaggio, gettato lì… due giorni prima dal dilettante di turno. Magari mi sbaglio, ma e ora di smetterla con le parole, di smettere di mettere la politica nella minestra… e cominciare a fare dei fatti. Ciao a tutti

  5. Sarebbe ora che la varie associazioni anziche indignarsi e scrivere articoli chilometrici che ci fanno solo incazzare a morte, prendessero delle iniziative degne di questo termine e dichiarare un fermo immediato e a oltranza, dato che impongono i divieti all’ultimo minuto, anche noi facciamo un fermo all’ultimo, e daltronde non dovremmo dare neanche fastidio in quanto ci toglieremmo dalle strade tutta la settimana non solo il venerdì. Attenzione associazioni, ne abbiamo le scatole piene di ascoltarvi raccontare un sacco di fandonie, è ora che agiate se no anche voi farete la stessa figura dei signori di basso profilo del Codacons, ammesso che non lo siate già. Un trasportatore stufo e costretto a sopportare tutti e tutto!

  6. Non esiste nulla di peggio di chi ignorando i problemi non li approfondisce e in modo solo strumentale e demagogico esprime i suoi giudizi. Bene, voglio ricordare a chi invoca il fermo che più volte chi scrive è stato protagonista, per nome e per conto dei suoi associati, di iniziative di fermo proclamate su questioni che interessavano tutti. Ne cito una per tutte: quella della liberalizzazione delle autorizzazioni che è una delle cause della situazione nella quale oggi ci troviamo. Fu voluta dal ministro del momento, Burlando, e sostenuta da molte associazioni di categoria, ad eccezione della Fai e della Fiap che proclamarono il fermo. Il risultato forse pochi lo ricorderanno, fu quello di dover sospendere l’agitazione. Da qui la prima considerazione: senza il consenso della maggioranza degli operatori non è possibile fare alcun fermo. A chi invece non trova di meglio di fare di ogni erba un fascio chiedo se mai abbia aderito o partecipato ai lavori di qualche associazione.
    In caso affermativo avrebbe dovuto scoprire che le decisioni vengono assunte dopo un confronto proprio con gli imprenditori aderenti (nella Fai è così). In una federazione si deve sapere che o le decisioni si assumono con il metodo delle maggioranze o si determina solo il caos. Allora è troppo comodo criticare dall’esterno. Si partecipi alle scelte, si avanzino critiche, si chieda la sostituzione delle classi dirigenti ma si smetta con il piagnucolare senza senso e attribuire ad altri quelle che sono solo conseguenze di scelte personali. Chi sta fuori e non partecipa alle scelte subisce quelle fatte da altri. Certo, poichè per stare nelle associazioni è necessario anche versare la quota di adesione. Quando un socio non condivide quello che la propria federazione porta avanti ha tutto il diritto di andarsene. La scelta è ampia e oggi tutte le federazioni sono in grado, chi più chi meno, di assistere i propri aderenti. La scelta è un elemento di maturità. È la scelta che ci rende liberi, indipendenti e adulti. Certo la maturità non è da tutti e non viene donata ma va costruita e ricercata. Tutto è criticabile ma per averne il diritto bisogna conoscere e partecipare. Chi decide di chiamarsi fuori non può pretendere di contare. Certo può parlare perchè siamo in un Paese Libero ma le sue parole sono come i ragli d’asino che non arrivano al cielo.

  7. In risposta al signor Uggè. L’asino che le risponde ha partecipato innumerevoli volte alla varie assemblee delle varie associazioni, sono stato iscritto anche alla Fai di Genova, ma quando mi sono opposto alle vostre decisioni, mi sono sentito dire che se non sono capace di stare sul mercato è giusto che chiuda. A distanza di qualche anno, io sul mercato, con molta difficoltà, ci sono ancora, il rappresentante di Genova non c’è più, e grazie al vostro operato (vedasi ancora l’ultimo fermo sospeso il mercoledì quando stavamo ottenendo un buon risultato) io, e penso tanti miei colleghi, siamo costretti ad arrancare. I problemi, sig. Uggè, li conosco molto bene perchè li vivo sulla mia pelle, mi sembra lei e i suoi colleghi che non abbiate ancora capito la difficoltà della nostra categoria. Per quanto riguarda il raglire il mio può essere un assolo, ma il vostro è un gran concerto.

  8. Non c’è di che preoccuparsi. Ci si adegua alle leggi emanate. Poi gli altri si adeguano ai costi di settore e di sicurezza che io applicherò ai trasporti eseguiti. E se non gli accomoda potranno rivolgersi ad altri peones, che stanno messi molto, ma molto, peggio di me!

  9. Leggo la risposta risentita del signor Gaia che si è sentito destinatario delle conclusioni che ho fatto in un commento. Sostenevo che le prese di posizioni di coloro che non sono parte di una comunità associativa rischiano di essere considerate come i ragli d’asino. Se il signor Gaia si è sentito toccato mi spiace ma le mie osservazioni non erano certo rivolte a lui ma il tentativo era di sviluppare un ragionamento. Prendo atto che è stato associato alla Fai di Genova e che ora non ne fa più parte.
    Non condividendo le decisioni della associazione della quale era aderente ha fatto bene a dimettersi. Spero che abbia trovato una associazione che condivide le sue idee e che riesca a portarle avanti per dare soluzione ai suoi problemi. Noi proseguiamo la nostra strada sulla base delle decisioni dei nostri organismi, che sono imprenditori come lui, convinti che sia la strada unica percorribile. Le battaglie che conduciamo, spesso in perfetta solitudine hanno lo scopo di tutelare la categoria. I nostri associati le comprendono e le condividono. Quindi nessuna polemica da parte mia; rispetto le idee di tutti, quando sono espresse in modo civile e urbano. Chiedo altrettanto per quelle che esprimo io come uomo e come presidente di una realtà associativa che opera le proprie scelte solo dopo aver ottenuto il consenso, che a volte si realizza a maggioranza ma il più delle volte in modo unanime. Quello che intendo ancora una volta ribadire è che per andare avanti bisogna anche saper accettare le regole che impongono di non pensare mai di avere in tasca la verità. Se resta fine a se stessa non conta molto. Solo quando è espressione della maggioranza degli aderenti o dei componenti di ogni altro organismo che si fonda su basi democratiche diventa patrimonio comune. Queste sono le regole, semplici e chiare, anche se non sempre soddisfano tutti, e ogni cittadino è libero di dimettersi da partiti, associazioni o sindacati che dir si voglia. Le regole sono vecchie come il mondo; non le ho fatte io.

  10. Ringrazio il sig. Uggè della risposta e accetto con gratitudine il suo risentimento. Capito che è stato un malinteso, il mio era anche uno sfogo a una situazione che non sembra avere sbocchi. Spero vivamente di sbagliarmi. Se un giorno le nostre idee e decisioni si incontreranno nuovamente sarei benfelice di fare di nuovo parte alla vostra associazione.

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