La vita non ha prezzo, ma c’è chi per risparmiare la mette in pericolo

“La sicurezza conviene a tutti. Insieme possiamo salvare milioni di vite, è tempo di agire”. È questo il messaggio lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità e da tutte le associazioni delle vittime della strada pubblicato a tutta pagina domenica 29 maggio sul quotidiano Libero diretto da Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro. Un messaggio che merita una premessa: la sicurezza, sulla strada e sul lavoro,  conviene a tutti anche se si tratta di salvare una sola vita umana, che comunque non ha prezzo. Ed è su questo che vogliamo far riflettere tutti e, in particolare, coloro che, soprattutto per quanto riguarda il trasporto merci, giudicano insopportabili gli incrementi dei costi dall’applicazione delle regole volute dal Parlamento per garantire una maggior sicurezza sulle strade. Le critiche sui recenti provvedimenti adottati per garantire la sicurezza sociale e della circolazione per il trasporto pesante sono figlie della preoccupazione per il costo in denaro che fa incredibilmente passare in secondo piano il costo in termini di vite umane. Ma quanto costa, realmente, assicurare maggior protezione sulle strade a milioni di persone? Ed è davvero un costo così elevato da spingere chi paga il trasporto merci, ovvero la committenza, a non condividere le nuove norme, affermando che l’incremento nel costo del trasporto (per calcolare il quale il ministero ai Trasporti ha elaborato una precisa formula) andrebbe a pesare sulla borsa della spesa quotidiana degli italiani? Giusto per dare un’indicazione proviamo, semplificando al massimo il concetto e ragionando su medie generali per renderlo facilmente comprensibile a tutti, a calcolare quanto sui beni di consumo, e dunque sul portafogli dei cittadini, può incidere il costo della sicurezza sui beni di consumo. Quanto, per esempio, spenderemmo in più per acquistare un chilogrammo di pasta, un litro di benzina, o, addirittura, una autovettura, qualora i  prezzi di autotrasporto, rispetto a quelli che sono oggi corrisposti, aumentassero del 20 per cento. Partiamo dal costo di un pieno: assumendo a riferimento una percorrenza media di 150 chilometri e considerando l’incremento del 20 per cento, un viaggio che oggi viene pagato 270 euro, aumenterebbe di 54 euro, arrivando a quota 324 euro. Dividendo per 38mila litri, ovvero la capacità di una cisterna, si scopre che su un litro di benzina il maggior costo sarebbe di 0,0014: euro. Per un chilo di pastasciutta invece il costo aggiuntivo sarebbe di 0,002 euro e, infine, la concessionaria che vendesse un’auto trasportata da una bisarca di proprietà di un’impresa attenta al valore della vita (e dunque disposta a pagare i costi minimi di sicurezza) sarebbe costretta ad aumentare il costo dell’auto di ben 4 o  5 euro! Fai Conftrasporto è disponibile a fornire dati e analisi ben più dettagliate, ma già questi banalissimi esempi bastano a dare l’idea di quanto incida sui cittadini l’applicazione dei costi minimi della sicurezza sui trasporti: un’inezia, mentre in palio c’è qualcosa senza prezzo, la nostra vita e quella degli altri. La sicurezza conviene a tutti. Anche in termine di costi.

* Vicepresidente nazionale di Confcommercio, consigliere del Cnel e presidente nazionale di Fai Conftrasporto.

5 risposte a “La vita non ha prezzo, ma c’è chi per risparmiare la mette in pericolo

  1. Devo dire che Libero è un giornale che ha dei validissimi contenuti, ma la grafica è davvero bruttina. Eppure dovrebbero sapere che anche l’occh io vuole la sua parte….

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