In Italia continuano a esserci morti sul lavoro di serie A e di serie B

Martedì 19 aprile, sulle pagine del quotidiano Libero, Conftrasporto, con una lettera aperta indirizzata al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha riproposto la questione del rispetto delle regole della sicurezza nel mondo del trasporto. Che poi equivale a dire sicurezza nel mondo del lavoro,  tutela della vita dei lavoratori. Ovvero un valore non negoziabile. In questi giorni si è molto parlato  della condanna emessa  dai giudici della Corte d’Assise di Torino per la tragedia alla  ThyssenKrupp, dove il 6 dicembre 2007 un violento rogo divampato all’interno dell’acciaieria  uccise sette persone. Una tragedia che rappresenta un motivo in più per battersi, con pervicacia, per la sicurezza di tutti i lavoratori. Compresi gli autotrasportatori, che hanno il diritto a poter operare in un mercato dove le regole non siano un optional con cui riempirsi la bocca nei convegni. Cosa che avviene invece  purtroppo spesso, con l’organizzazione, da un lato, di road show e presentazioni varie per dimostrare sensibilità ai temi della sicurezza mentre, dall’altro, si contrastano le disposizioni che assicurano più sicurezza nell’attività del trasporto merci. Il Parlamento, varando le norme sui controlli su tutta la filiera del trasporto,  ha voluto coniugare il principio della liberalizzazione con il rispetto delle regole, dando un segnale forte a un  settore che nel 2009 ha registrato ben 303 decessi. Morti che continuano a essere derubricate in “semplici incidenti stradali”  invece di essere considerate, come sarebbe doveroso, tragedie sul lavoro. Un errore imperdonabile, così come sarebbe imperdonabile non compiere  ogni sforzo possibile per ridurre il numero delle vittime. Sono sicuramente da condividere le parole del presidente del Comitato tecnico di Confindustria per la sicurezza, Samy Gattegno, a sostegno “della necessità di intervenire con regole, controlli, sanzioni”e risulta davvero difficile  comprendere come sia possibile non riuscire a garantire, attraverso gli opportuni controlli, il rispetto delle regole della sicurezza. Una sicurezza che, non va dimenticato, determinerebbe oltretutto maggiori spazi per le imprese corrette. Ecco perchè la funzione del controllo è indispensabile: per salvare vite umane e per garantire contemporaneamente occupazione a chi rispetta le regole, a scapito di chi le viola. Ripensando alla tragedia alla ThyssenKrupp il pensiero di molti è andato  agli interventi di prevenzione effettuati (o dimenticati), a quelle “spese per la sicurezza antincendio cancellate per un impianto che tanto era destinato alla chiusura” di cui aveva parlato, mesi fa, nella sua richiesta di condanna, la pubblica accusa. Èd è proprio quella della prevenzione la strada da seguire  per salvare la vita di chi lavora. Magari proprio sulla strada, facendo l’autotrasportatore. La vita vale davvero qualche controllo in più.

Paolo Uggè (vicepresidente nazionale di Confcommercio, consigliere del Cnel e presidente nazionale di Fai Conftrasporto).

7 risposte a “In Italia continuano a esserci morti sul lavoro di serie A e di serie B

  1. È assurdo: per chi guida un camion la strada è il luogo di lavoro! Una domanda:a chi spetterebbe riconoscere ai camionisti morti in incidenti stradali il “titolo” di vittime di incidenti sul lavoro?

  2. Non c’è proprio alcuna differenza. Chi la trova è un idiota. Ma che Paese del cavolo siamo? E il presidente Napolitano che sulle vittime del lavoro ha speso tante belle parole lascia che questo accada? Capisco il presidente del Consiglio, che ha per la mente altre cose (del genere misure 90-60-90) ma da Napolitano non me lo sarei mai aspettato!

  3. Mi rivolgo a Fai Conftrasporto – che ho visto firmare, recentissimamente, una lettera aperta al presidente Berlusconi pubblicata a tutta pagina sul quotidiano Libero (del grande Vittorio Feltri, uno dei pochissimi giornalisti liberi rimasti) – per chiedere: perchè non scrivete una lettera aperta anche al signor Giorgio Napolitano per chiedergli cosa si sente di dire alle vedove, ai figli, alle madri e ai padri, ai fratelli e alle sorelle dei tanti camjonisti morti IN INCIDENTI SUL LAVORO per strada?

  4. Perché qualcuno non dovrebbe riconoscere come vittime del lavoro i camionisti morti in incidenti? Signor Uggè, visto che sembra la sappia lunga in proposito, chi c’è dietro questa volontà di considerarli semplici morti in incidenti? E i familiari delle vittime sono in qualche modo danneggiati da questa decisione? (Oltre che moralmente, anche economicamente)?

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