«Dopo 60 anni chiudo l’impresa, soffocata dalla crisi ma non solo»

“Caro presidente, mi corre l’obbligo, per i rapporti che ci legano e la ormai trentennale conoscenza, metterti al corrente del fatto che la nostra azienda ha dovuto ricorrere a una procedura di concordato per tentare di salvare quanto possibile. Nel prendere questa dolorosa decisione, dovuta in gran parte alla perdita di grosse commesse subita già nel 2007, grazie alla soppressione delle “tariffe a forcella” e alla conseguente sciagurata azione dei colleghi autotrasportatori,  dopo anni di strenua resistenza nel voler fare comunque impresa in maniera più corretta possibile, abbiamo dovuto interrompere l’emorragia cercando di non danneggiare nessuno….”. Comincia così la lettera che un noto imprenditore del settore degli autotrasporti  ha inviato al presidente di Fai Conftrasporto Paolo Uggè per annunciare la fine di una lunga avventura imprenditoriale, durata addirittura oltre 60 anni. Una lettera che testimonia il drammatico momento che stanno vivendo moltissime imprese del settore, letteralmente messe in ginocchio dalla crisi economica ma anche da una concorrenza sleale (oltre che pericolosa per la sicurezza di tutti sulle strade) che nessuno sembra davvero voler colpire ed eliminare. “Avendo speso come ben sai, tanti anni del mio tempo nel cercare di far crescere la categoria, non posso dirmi soddisfatto di questo risultato, ma non per questo sono pentito di essermi dedicato all’associazionismo, in cui continuo a credere fermamente come unica strada per la crescita culturale e di dignità della categoria”, prosegue la lettera. “Ho colto anche questa triste occasione per contribuire,  proprio attraverso questa lettera che potrai utilizzare come riterrai più opportuno, a un cammino di crescita professionale.  Sappi che noi stiamo comunque continuando l’attività con altra forma giuridica, sperando di uscire da questo brutto momento, nel quale sappiamo essere purtroppo in buona compagnia, ma questo non può e non deve essere una consolazione. Nulla potrà consolare il dolore di aver dovuto prendere una simile decisione  dopo oltre 60 anni di attività in cui abbiamo sempre avuto personale dipendente, e quindi contribuito al mantenimento e alla crescita di decine di famiglie legate alla nostra attività. È una decisione dolorosa quella che anche noi abbiamo dovuto prendere, dopo esserci privati di gran parte di quello che si era costruito e rimanendo più poveri di quando abbiamo cominciato. Questo risultato è in gran parte dovuto alla nostra determinazione nel continuare a fare impresa con personale dipendente, invece di ricorrere agli ormai diffusi sistemi  di sub appalto e di abusivismo, che anche voi (leggasi le varie sigle sindacali del trasporto) dite di voler combattere, preferendo in realtà continuare ad accanirvi contro le poche imprese rimaste (vedasi ultimo rinnovo del Conratto collettivo nazionale di lavoro) e a  difendere quei pochi lavoratori scorretti. A scapito della gran parte degli onesti, che ne hanno subito le conseguenze in termini di posti di lavoro.  Lasciamo a voi quindi trarre le debite conclusioni, spiacenti di non poter più contribuire a inviarvi le quote dei vostri iscritti, in quanto non più nostri dipendenti. Con l’occasione inviamo i migliori saluti». Firmato l’amministratore unico.

4 risposte a “«Dopo 60 anni chiudo l’impresa, soffocata dalla crisi ma non solo»

  1. Carissimo amico, ho letto la Sua lettera che trasmette un grande senso di tristezza per aver dovuto prendere la dolorosa decisione di chiudere l’attivita’. Confesso che le Sue riflessioni mi hanno fatto sentire inutile. Non riuscire a garantire che gli imprenditori possano intraprendere in un mercato libero dove le regole sono l’elemento di garanzia per una sana concorrenza e’ per chi come me opera nel campo associativo la dimostrazione del fallimento.
    La Sua impresa pero’ non ha chiuso perche’ sono state eliminate le tariffe obbligatorie (con l’apertura del mercato europeo, come più’ volte ho cercato di argomentare, le tariffe avrebbero finito con il gravare, penalizzandole, sulle imprese nazionali) ma perche’ si e’ determinato un mercato dove, in assenza dello Stato che avrebbe dovuto garantire il rispetto delle regole sulla sicurezza sociale e della circolazione, la committenza e qualche operatore scorretto hanno potuto distorcere la concorrenza e penalizzare le imprese serie.,Il sistema in atto funziona se fatto applicare attraverso i controlli. (Mi auguro che il sottosegretario Giachino che segue questo blog legga e si renda conto delle conseguenze che le omissioni dei funzionari pubblici provocano). In queste settimane il tribunale di Trento ha emesso un decreto ingiuntivo nei confronti di un committente che non ha rispettato i costi minimi. Sul sito Conftrasporto sono riportati i dettagli. Questa e’ la dimostrazione che il sistema funziona ma se vi sono i controlli. Per quanto riguarda il costo del contratto la informo che le federazioni di Conftrasporto sono state indotte a sottoscriverlo dopo che altre federazioni, tra le quali proprio quelle che oggi chiedono al Governo interventi per ridurre i costi, avevano rotto il fronte delle imprese di autotrasporto.
    Comunque questo non lenisce il vulnus che si crea ad ogni operatore che si vede costretto a interrompere la propria attivita’
    Perche’ questo debba avvenire sempre di meno mi impegnero’ ancora di più’ e con me la federazione per tutelare in modo realistico e possibile, gli interessi del mondo del trasporto.
    Grazie comunque della lettera.

  2. È la fine che faranno le imprese di trasporto, (compresa anche la mia 50 dip.)che perseverano nel assolvere ogni impegno economico verso i dipendenti, lo stato ed i fornitori. Presidente! non ce la facciamo più! E credetemi non è piaggeria, è una cruda realtà. In questa situazione non c’è tariffa minima di sicurezza che tenga (non hanno retto le tariffe obbligatorie, figuriamoci se regge la tariffa minima di sicurezza !). Spero per il bene della categoria, che quando saranno scomparse moltissime aziende di trasporto quelle che rimarranno sapranno farsi rispettare. Solo cosi si sana il settore, riducendo il numero di aziende sul mercato.

  3. Caro presidente, cari colleghi, chi è senza peccato scagli la pietra! Le ultime leggi entrate in vigore lo scorso anno: perché come mai tutto questo ritardo? Specialmente i tempi di guida e di riposo, che sarebbero stati l’unico e valido strumento che con i controlli su strada e aziende avrebbe permesso una concorrenza regolamentata, con una conseguente reale logistica. Invece chi ha sofferto in mancanza di tutto ciò? I soliti sfruttati! Autisti e padroncini di conseguenza dopo anni pure imprese trasporto di media dimensione… Perché tutto questo ritardo? A chi ha giovato? Ora ci ritroviamo con una realtà lavorativa che non permette di rispettare le regole, non siamo trasgressori, ci adattiamo, non c’è logistica perché quest’ultima l’anno fatta sempre chi sta alla guida dei camion con i loro sacrifici e per giunta non gli viene riconosciuto usurante come mestiere… Ipocriti, ma tutti questi anni cosa avete rappresentato. Di conseguenza ora siamo nella scusate M…. Sicuramente i lavoratori, ma non i signori del trasporto… buonavita e che San Cristoforo protettore dei camionari ci illumini…

  4. Ma di che ci lamentiamo se il sottosegretario dichiara di averci già dato tutto quanto abbiamo richiesto ed anche di più? Siamo dei previlegiati non c’è che dire. E se pur con tutti i provvedimenti a nostro favore non si riesce a tenere aperta l’azienda beh, allora siamo proprio degli incapaci. Quindi meglio chiudere e lasciare il campo libero. Indovinate a chi?

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