Addio a Carlo Bernini, un amico
che resterà sempre con noi

L’arrivo del nuovo anno ha portato una triste notizia a tutti coloro che fanno parte della famiglia del trasporto. Il senatore Carlo Bernini, già ministro dei Trasporti, punto di riferimento della Conftrasporto e di tanti di noi, è partito per sempre, lasciando in tutti noi un grande senso di vuoto. Carlo Bernini era arrivato ad essere ministro dei trasporti dopo una lunga esperienza amministrativa, come presidente della provincia di Treviso e governatore del Veneto.
Arrivato al dicastero dei trasporti aveva affrontato i temi più caldi del settore con grande determinazione e senso pratico. Coe ciacole no se impasta e fritoe (Con le chiacchiere non si impastano le frittelle) ripeteva in ogni occasione in cui nelle trattative sindacali qualcuno di noi si perdeva in ragionamenti fumosi e poco in linea con la realtà concreta.
Personalmente feci la Sua conoscenza alcuni giorni appena nominato ministro nel bel mezzo del fermo al Brennero che durava da una decina di giorni e da Lui subito risolto. Durante la Sua permanenza ai trasporti la conflittualità toccò livelli di grande intensità, e non certo per Sua colpa, ma grazie al fatto che già allora incominciavano ad insorgere le avvisaglie delle difficoltà che avrebbero in tempi successivi messo in grave ambasce le imprese italiane.
Bernini affrontò le questioni del trasporto con una legge strutturale (la n.68/92); con interventi immediati atti ad allineare i costi sostenuti dalle imprese nazionali, rispetto a quelli delle imprese concorrenti estere, ma fu anche l’artefice della prima apertura alle regole del mercato per preparare le imprese alle sfide della  liberalizzazione totale che sarebbe negli anni successivi arrivata con certezza.
Purtroppo nei governi che vennero dopo (queste erano le abitudini della Prima Repubblica), Bernini venne sacrificato alle logiche correntizie e i suoi successori, rimasti in carica troppo poco tempo, non poterono incidere come si sarebbe dovuto, seguendo l’impostazione razionale di chi li aveva preceduti.
Delle intuizioni di Bernini si applicò solo la parte degli aiuti, definiti a pioggia, senza mantenere però tutta l’impostazione  di sistema che aveva intrapreso il leader veneto.
La fine della prima Repubblica non fu solo la fine di una fase storica ma nella furia iconoclasta del “nuovo a tutti i costi” finirono anche coinvolti personaggi del livello di Carlo Bernini e così il Paese si  trovò ad essere governato da tante “seconde file” e da dirigenti politici che non sapevano scrivere un emendamento.
Fu così che esperti veri come Carlo Bernini servirono il Paese supportando con idee adeguate chi non ne aveva di proprie o a coloro che avevano  la consapevolezza, riconoscendo le proprie carenze, di rivolgersi, come abbiamo fatto noi della Conftrasporto a persone come Lui.
Personalmente ho trovato un punto di riferimento e  guida in ogni occasione. Ma frequentandolo ho anche potuto apprezzare le Sue non comuni doti umane e diventargli amico. Oggi mi manca e sono certo che il senso di vuoto,  che assale tutti coloro che hanno avuto la fortuna di frequentarlo e di conoscerlo, per  la persona che era, rimarrà a lungo.
Tre momenti rimarranno impressi nella mia mente.
•    Il primo incontro, quello sopraccennato del fermo del Brennero;
•    la prima volta che venne a trovarmi nel mio ufficio di sottosegretario che Lui aveva occupato da ministro e potei farlo accomodare alla scrivania che era stata Sua per quattro anni;
•    da ultima quando per una vicenda personale molto triste che mi coinvolge ancora, lo vidi commuoversi come un vero amico.
Personalmente farò quanto è nelle mie possibilità per ricordarne a lungo il Suo lavoro e onorarne il nome. Spero di riuscire, ma una cosa è certa non lo dimenticherò mai.
Paolo Uggè

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