Crolla il mercato dell’auto: -26%
I Verdi chiedono più mezzi elettrici

Quella del settore auto sembra una crisi di difficile soluzione. Finiti gli incentivi, nessuno acquista più un veicolo nuovo da mesi. A luglio la Motorizzazione ha infatti immatricolato 152.752 autovetture, con un calo di circa il 26 per cento (-25,97 per cento) rispetto a luglio 2009, quando furono immatricolate 206.334 autovetture. Ma anche il settore dell’usato non va certo a gonfie vele. Nello stesso mese sono stati registrati 394.050 trasferimenti di proprietà, con una variazione di -3,26 per cento rispetto a luglio 2009, quando furono registrati 407.309 trasferimenti di proprietà. I dati, nel dettaglio, sono disponibili cliccando qui.
E la crisi del settore interessa anche la politica, coinvolgendo anche partiti che tradizionalmente non sono “amici” delle auto, come i Verdi. “La crisi dell’auto in Italia e nel mondo è un dato consolidato e costante. Mentre il settore dell’automobile è in crisi, però, il diritto alla mobilità per le persone continua a essere una necessità irrinunciabile per i tempi moderni. È venuto il momento di affrontare il problema dell’industria automobilistica in modo strutturale, guardando al futuro e non al passato”, ha detto il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli: “Bisogna riconvertire le filiere produttive per aprire, finalmente, una fase nuova industriale basata sulla mobilità pubblica, sulle auto elettriche e ad idrogeno: in poche parole bisogna avviare una riconversione ecologica della nostra industria cominciando proprio dal settore dell’auto. Il governo si impegni per un piano strutturale di mobilità pubblica nelle città italiane. Le risorse si possono reperire rinunciando a opere inutili come il Ponte sullo Stretto di Messina che alla fine costerà ai cittadini circa 8 miliardi di euro”, prosegue Bonelli. “Attraverso un piano di riconversione industriale delle aziende automobilistiche in crisi, un piano per rinnovare il parco auto delle aziende di trasporto urbano, per acquistare nuovi tram si potrebbe affrontare in modo intelligente la crisi di stabilimenti come quello di Pomigliano d’Arco, salvaguardando i livelli occupazionali e il futuro di tante famiglie”.

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