ll black carbon peggio delle Pm10,
provoca asma e tumore

La riduzione del traffico veicolare è decisiva per diminuire le esposizioni tossiche. Non solo alle Pm10, ma anche al black carbon, un inquinante indicato come fattore di rischio per asma e tumore del polmone. Le numerose evidenze dalla letteratura scientifica sui rischi per la salute da inquinamento da traffico sono state recentemente sottoposte a un’attenta valutazione da un gruppo internazionale di esperti riuniti sotto l’egida dell’Health Effects Institute. Ne è emerso un Report (EHI Special Report 17, www.healtheffects.org) da cui si evince che la rapida espansione del numero delle automobili e del loro utilizzo ha fatto sì che un numero sempre crescente di persone vivano e lavorino in stretta vicinanza ad arterie stradali ad alta intensità di traffico, limitando così i potenziali benefici degli interventi anti-smog. I numerosi studi scientifici analizzati hanno permesso di concludere che abitare entro 500 metri da un’arteria trafficata comporta l’esposizione agli inquinanti primari (polveri ultrafini) degli scarichi dei veicoli; ciò riguarda oltre il 30 per cento della popolazione statunitense.
Sulla base di criteri di valutazione epidemiologici rigorosi, gli specialisti hanno concluso che questo tipo di esposizione di “prossimità” alle emissioni da traffico è causa di riacutizzazioni asmatiche, soprattutto nei bambini. Considerata l’elevata quota di popolazione residente in vicinanza di arterie a grande percorrenza, il Report sottolinea che esiste sufficiente evidenza che l’esposizione a emissioni veicolari primarie rappresenti un problema di salute pubblica.
La riduzione del traffico veicolare è l’intervento decisivo per ridurre esposizioni tossiche di questo tipo, oltre a essere accompagnata da un calo degli incidenti stradali e della rumorosità. Dalla riduzione del traffico ci si attende anche una migliore qualità dell’aria: tuttavia la misura di questo parametro, decisivo per il consenso da parte della cittadinanza, si è rivelato sfuggente. Infatti il monitoraggio annuale della qualità dell’aria di Londra nelle zone soggette a limitazione di traffico (Congestion charging scheme) non ha messo in evidenza miglioramenti rispetto alle zone a traffico normale, e anche i dati di confronto tra zona Ecopass di Milano (simile come tipo di limitazioni a quelle di Londra) e il resto della città hanno dato risultati deludenti. Come indicatori di qualità dell’aria a Londra sono stati utilizzati gli ossidi di azoto, a Milano le polveri sospese (Pm10, Pm2.5, Pm1), parametri classici di misura della qualità dell’aria, ma più rappresentativi del background metropolitano e regionale, che non di variazioni spaziali all’interno della stessa città. Dato che si è calcolata una riduzione del 19 per cento negli ingressi veicolari nell’area Ecopass, l’impossibilità di misurarne l’impatto sulla qualità dell’aria rappresenta una specie di beffa “tecnologica”.
L’intensa ricerca epidemiologica effettuata negli ultimi anni sui rischi per la salute da prossimità a traffico vede sempre più spesso utilizzato un nuovo indicatore, il black carbon (BC), inquinante indicato come fattore di rischio per asma, tumore del polmone, irregolarità del ritmo cardiaco, episodi di angina pectoris, e aumento della pressione arteriosa. Il BC è una misura delle particelle ultrafini presenti nelle emissioni “fresche” (soprattutto dei motori diesel), ricche di idrocarburi policiclici aromatici, e rappresentative del cosiddetto particolato “primario”. Le particelle di BC hanno una spiccata variabilità spaziale, essendo riscontrabili nelle immediate vicinanze della sorgente, ma con una dispersione esponenziale nel raggio di 300-500 metri. Pertanto il BC è un indicatore ideale per individuare differenze di inquinamento veicolare tra zone diverse di una stessa città a diversa intensità di traffico: la risoluzione spaziale del BC è tale da individuare differenze di concentrazione persino tra il settore al centro della strada e quello a livello di marciapiede. Grazie a queste caratteristiche, la misura del BC si propone come marcatore di “prossimità” delle emissioni in grado di offrire un monitoraggio ambientale più dettagliato, di valutare in modo più preciso l’entità dell’esposizione in una data zona della città, e di evidenziare l’impatto positivo sulla qualità dell’aria delle misure di limitazione del traffico prese dalle Amministrazioni delle città metropolitane.
Uno studio i cui risultati saranno presentati al congresso ISES/ISEE di Seul, e in fase di pubblicazione su un’importante rivista scientifica internazionale, ha dimostrato che le concentrazioni di BC sono molto diverse nei tre settori a diversa viabilità lungo il percorso che unisce Piazza Loreto a Piazza Duomo: in Corso Venezia (zona Ecopass) il BC presenta concentrazioni del 30 per cento inferiori rispetto a Corso Buenos Aires (zona senza limitazioni). Meglio ancora Corso Vittorio Emanuele e Piazza Duomo (zona pedonale), dove il BC è il 60 per cento in meno. Nel corso dello studio in questione sono stati registrati, contemporaneamente, i livelli di Pm10, Pm2.5, Pm1, per i quali non è stato possibile osservare differenze sulla base dell’intensità di traffico, a conferma di precedenti osservazioni. A determinare il comportamento del BC come indicatore di prossimità contribuiscono anche le caratteristiche urbanistiche delle nostre città storiche, la cui struttura è quella tipica degli “urban street canyon”, che favoriscono l’accumulo delle emissioni prodotte a centro-strada. Dunque le variazioni spazio-temporali delle polveri primarie risultano misurabili addirittura lungo lo stesso percorso all’interno di una piccola zona della città.
A cambiare la qualità dell’aria è la minor intensità di traffico (zero veicoli nella zona pedonale, meno veicoli in ingresso e meno inquinanti in zona Ecopass).

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