Il calcio fa bene alla salute,
ma il Mondiale inquina troppo

Il calcio fa bene, bevete il latte e mangiate formaggio. Quante volte lo hanno ripetuto le nostre madri. E ancora: “Vai a fare un po’ di sport che ti rinforzi. Vai a giocare al pallone…”. Alla parola calcio, insomma, tutti da sempre associamo una condizione di benessere psicofisico. Questo però fino a quando un recentissimo studio ha sfatato anche questo mito, almeno quello sul calcio inteso come sport. Cosa dice lo studio? Semplice: i Mondiali di calcio 2010, attualmente in svolgimento in terra africana, contribuirebbero a emettere circa 2,753 milioni di tonnellate di Co2. Un volume elevatissimo, che presenta come termine di paragone più immediato quello dell’utilizzo di un milione di automobili su strada, in circolazione – con gli usuali ritmi medi nell’ambito della giornata – per circa un anno di tempo.
Ma come? Cannavaro e Gattuso inquinano come delle Euro 0? Ebbene sì. Ma gli stessi calciatori sono vittime dello smog. Dopo un lungo viaggio intercontinentale, per esempio, la nazionale della Nuova Zelanda che ha fermato gli azzurri sul pareggio, una volta sbarcata nel Continente Nero, voleva fare un breve allenamento, una “sgambata”. Ma una volta arrivati in pullman davanti all’ingresso del Sinaba Stadium, i neozelandesi sono stati accolti da una fitta nube di smog e fumo di legna e carbone proveniente dai sobborghi di Daveytown, una coltre grigia così spessa che, dal centro del campo, era quasi impossibile scorgere le bandierine dei corner. Lo staff tecnico della squadra, raccoltosi assieme al medico della Nazionale, Celeste Geertsema, ha discusso a lungo sull’effettiva possibilità di sostenere un allenamento e, dopo una mezz’ora di “tavola rotonda”, si è optato per una sessione leggera. I giocatori sono scesi in campo avvolti nella coltre di smog, tanto che Simon Elliot e Andy Boyens, che soffrono d’asma, hanno desistito dopo pochissimi minuti.

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