Anita e Fedit, senza fatti concreti non ci sarà la firma con il governo

Fatti concreti, altrimenti non ci sarà nessuna firma. Anita e Fedit lanciano un duro monito al governo sul tema dell’autotrasporto. Le due associazioni chiedono in particolare provvedimenti per la riduzione del costo del lavoro e la ristrutturazione delle imprese. E soprattutto dicono “no a norme anacronistiche che penalizzano le imprese di autotrasporto”. Da oltre quattro mesi – ricordano Anita e Fedit in un comunicato stampa – le associazioni di autotrasporto e della committenza sono impegnate nella trattativa con il governo per individuare insieme misure a sostegno del settore. Le diverse posizioni, talvolta, sono state convergenti, tanto da considerare possibile la sottoscrizione di un accordo tra le parti. Nel testo in discussione, invece, oltre all’introduzione di una cosiddetta “tariffa di sicurezza” anche per i contratti scritti, non è contemplata alcuna misura concreta che abbia un impatto positivo sul costo del lavoro che le due associazioni chiedono da mesi. “Sulle imprese strutturate, che rappresentano la vera forza del sistema economico italiano”, dichiara il presidente di Anita, Eleuterio Arcese, “gravano costi divenuti ormai inaccettabili. Un autista italiano costa circa 45 mila euro, uno sloveno o rumeno circa 15 mila. Di conseguenza, le nostre imprese non sono più competitive e sono costrette a delocalizzare e a destrutturarsi. Non possiamo permettere che le imprese straniere taglino fuori quelle italiane”.
“Il governo deve intervenire sui fattori che oggi frenano lo sviluppo delle imprese, soffocate da un insostenibile costo del lavoro”, spiega il vicepresidente di Fedit, Valter Lannutti. “La previsione di maggiore rigidità, penso soprattutto agli ulteriori adempimenti burocratici e all’introduzione di una “tariffa di sicurezza” per i contratti scritti, rischia di mettere definitivamente fuori gioco le imprese italiane”.
Pertanto, se nell’accordo tra committenza, governo e associazioni di categoria non saranno previsti interventi concreti tesi alla riduzione del costo del lavoro e alla ristrutturazione delle imprese, Anita e Fedit non sottoscriveranno il protocollo.
È indispensabile, concludono le associazioni, che il governo lavori a una proposta che possa essere condivisa e sottoscritta da tutti, evitando il ripetersi di strappi che avrebbero effetti negativi sulle imprese.

9 risposte a “Anita e Fedit, senza fatti concreti non ci sarà la firma con il governo

  1. La vera forza del sistema economico italiano sono le piccole imprese! Tutte le imprese possono importare figure professionali, perciò la questione deve essere trattata a livello generale perchè non riguarda solo le aziende di trasporto. La delocalizzazione è stata sfruttata da parte delle grandi aziende solo per conseguire utili stratosferici. Le aziende strutturate sono state le prime ad aprire filiali all’estero; ora che la concorrenza morde anche loro, ecco che non va più bene. Trovo ci sia qualche contraddizione. Che dire poi dei “cartelli” tra imprese strutturate del trasporto sui quali sta indagando anche l’antitrust? Trovo una strana relazione tra “cartello” e tariffe di sicurezza. Chiedo ai colleghi a che punto sia il progetto Vega dell’Albo. Tanto clamore per nulla? Saluti e buon lavoro ai nostri rappresentanti.

  2. La rivendicazione di avere “fatti concreti” da parte del Governo è più che legittima: non bisogna però dire che i “fatti” che non piacciono non sono concreti…

  3. Sul costo del lavoro Anita e Fedit fanno una giusta rivendicazione: lo sapete che in pochi anni l’Inps non ha più debiti e vanta addirittura un bilancio in forte attivo? A che serve ciò, quando con gli oneri contributivi si tartassano le imprese?

  4. Sono d’accordo con Mara, ma ritengo che la colpa di ciò che sta succedendo nel mondo del trasporto sia ancora tutta nostra: innanzitutto se tutti noi cominciassimo a rifiutare di caricare i nostri camion per le agenzie (cosidetti bagarini, o meglio ancora coloro che fanno i trasporti con il telefono) una buona parte delle nostre aziende di autotrasporto avrebbe la possibilità di prendere viaggi diretti da tanti committenti che oggi affidano la propria merce a questa gentaglia, che sfrutta i nostri camion a prezzi irrisori con quadagni notevoli per loro stessi.Quindi cari colleghi cerchiamo di svegliarci per non dare più a nessuno la possibilità di sfruttarci.

  5. Cara Mara e caro Beppe, siamo nel 2010 nel mondo
    dell’informatica! Oggi non esistono più i bagarini puri, che fanno i trasporti con il telefono, oggi esistono i bagarini online, cioè i committenti/produttori che mettono all’asta i propri trasporti via internet, e noi
    vogliamo rimanere aggrappati alla “tariffa di sicurezza”, come diceva Totò….”ma mi faccia(moci) il piacere!!!”

  6. Nel mondo dell’informatica il Comitato per l’Albo ci annuncia il sistema VEGA come uno strumento per agevolare la crescita e l’ammodernamento del sistema di gestione delle imprese di autotrasporto. Se ne parla da diversi mesi anche attraverso numerose pubblicazioni ma non se ne vede ancora l’applicazione. Qualcuno sa a che punto è? Saluti.

  7. Ma stiamo parlando di Anita, quella di Arcese e di Fedit, quella dei corrieri? Ragazzi non facciamoci prendere per il c…o. Quando mai questi hanno lavorato per l’autotrasporto? Si fanno concorrenza tra loro e scaricano gli sconti che fanno ai committenti per portarsi via i traffici sulle spalle dei piccoli trasportatori. Certo che non firmano quello che propone il Governo. Se verranno applicati i costi della sicurezza questi hanno finito di sfruttarci. Sveglia colleghi. Sul costo del lavoro, giusta battaglia, ma sapete che questi hanno sede all’estero o usano i padroncini e quindi se ne fregano. Attenti a non cadere nei tranelli.

  8. L’introduzione delle tariffe minime di sicurezza anche per i contratti scritti è assolutamente necessaria. È troppo facile aggirare l’ostacolo delle tariffe minime proponendo un contratto scritto. Quindi vengano al più presto le tariffe anche per i contratti scritti!

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