Negli ultimi 15 anni costruiti solo
350 chilometri di autostrade

“Fame d’asfalto”: il quotidiano cattolico Avvenire di martedì ha usato questi termini per spiegare la situazione delle infrastrutture in Italia. Nella classifica del World Economic Forum siamo al 59° posto su 131 nazioni per dotazione di infrastrutture e al 73° come qualità. In 15 anni sono stati costruiti 350 chilometri di autostrade contro 6.739 in Spagna, 3.977 in Francia e 1.509 in Germania. Che figuraccia insomma rispetto agli altri grandi d’Europa. La Spagna ha infatti realizzato venti volte più dell’Italia sul fronte delle arterie autostradali dalla metà degli Anni 90 a oggi, la Francia oltre dieci volte e pure la Germania, dove come è noto le autostrade non si pagano, ha fatto quattro volte tanto l’Italia, che vanta invece tra i pedaggi più salati d’Europa e del mondo.
“Nel corso del 2006 in Italia si è registrato un sorpasso: il numero dei veicoli a motore (dai motorini ai Tir)”, scrive Antonio Giorgio sull’Avvenire, “toccava quota 50.961.543 mentre i conducenti potenziali (i maggiori di 14 anni per capirci) erano appena 50.679.121. Più mezzi che guidatori, insomma. Per la prima volta nella storia del Paese”. Troppi veicoli, insomma, a fronte di una rete stradale che è rimasta quella del dopoguerra. “Negli anni Settanta”, scrive l’Avvenire, “una certa sinistra pauperista decise che le autostrade ormai erano troppe e i governi si adeguarono. “Potenzieremo la viabilità ordinaria” dissero. Una bufala. Come bufala fu il fantomatico piano autobus di cui si favoleggiava all’epoca. Ora di quegli errori vediamo i risultati…”.
Avvenire snocciola poi impietosi dati che ci vedono dietro Olanda, ma anche il Lussemburgo sul fronte della rete autostradale. Infine ecco i quattro nodi cruciali da risolvere, le quattro opere da realizzare o completare per uscire dal caos viabilistico: la Brebemi, la Variante di Valico A1, la Livorno-Civitavecchia e la A3 Salerno-Reggio Calabria.

8 risposte a “Negli ultimi 15 anni costruiti solo
350 chilometri di autostrade

  1. E questo per “merito” di quegli ambientalisti che da anni bloccano lo sviluppo del Paese, mentre altre nazioni ci stanno “sorpassando”.

  2. Alle famiglie di sei dipendenti che sto per licenziare (visto che, anche per mancanza di infrastrutture, la mia impresa di autotrasporto non riesce più a essere concorrenziale) lo stipendio lo daranno gli ambientalisti?

  3. Oltre al costo al chilometro per la realizzazione di nuove autostrade e strade, qualcuno riesce a dirmi anche quanti chilometri potremmo costruire ogni anno solamente se per un anno tutti i politici rinunciassero al loro stipendio? In altre parole: quanto guadagnano (a volte rubano) i nostri politici?

  4. Ha un bel coraggio il giornalista dell’Avvenire a scrivere: “Negli anni Settanta una certa sinistra pauperista decise che le autostrade ormai erano troppe e i governi si adeguarono. “Potenzieremo la viabilità ordinaria” dissero. Una bufala. Come bufala fu il fantomatico piano autobus di cui si favoleggiava all’epoca. Ora di quegli errori vediamo i risultati…”. Ma chi era al governo in quegli anni (giusto una cinquantina d’anni)? Proprio la DC e il quotidiano cattolico Avvenire dovrebbe ricordarselo bene…

  5. Dice bene “Wayne Rooney”: in quegli anni dominava la DC che era troppo incline a ricercare le mediazioni. Una delle conseguenze che oggi noi paghiamo è relativa alla sospensione, per legge, della possibilità di realizzare nuove autostrade. Oggi però, nonostante gli slogan del “Governo del fare”, i risultati sono ancora deludenti. Così il Paese perderà le opportunità che con l’ampliamento del canale di Suez si genereranno per l’aumento delle merci che entreranno nel Mediterraneo. Purtroppo anche l’aver escluso dal Governo uno come l’ex ministro Lunardi, che conosce cosa è una infrastruttura e come si realizza, non ha aiutato certamente. L’attuale ministro è certamente un uomo politico ma in quel dicastero ci vuole un competente. Speriamo che di fronte a una simile situazione ci si renda conto che il benessere per le nostre generazioni future passa attraverso la capacità di realizzare infrastrutture adeguate allo sviluppo dell’economia. O si accetta di far parte di una economia mondiale che necessita di collegamenti in tempo reale, o si sceglie di starne fuori. E allora, io dico a Maddalena, se ne pagano le conseguenze. Chi non desidera un Paese senza traffico, con nessun tipo di inquinamento e dove la gente abbia lavoro? Credo che tutti convengano che questa sia un’utopia che si potrebbe realizzare se tornassimo all’uso dei cavalli e delle carrozze. Un Paese da fiaba… appunto. Se qualcuno crede che sia la strada il solo elemento che inquina, sbaglia di grosso. Gli aerei, le navi e il treno non si muovono con l’aria, ma con fonti energetiche con un elevato potere di inquinamento. Sulle strade ciò che produce maggior inquinamento è la congestione che è favorita dall’insufficenza della rete stradale, tenuta inadeguata dalla cultura veteroambientalista che si fonda sulla cultura del divieto. Ma non è che magari qualcuno riesce a far guadagnare economie di Paesi che sono in concorrenza con quella italiana proprio a causa dei divieti e dei costanti ostacoli che in tutte le occasioni si frappongono nei confronti delle nuove opere infrastrutturali? L’azione dei No Tav non è che l’ultima conferma. Se il collegamento non sarà realizzato, a trarne vantaggio sarà l’economia di Paesi che stanno al di sopra delle Alpi. Meditate gente….

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