Il petrolio? In futuro
potrebbe arrivare dalle alghe

Non vi sono dubbi. Uno dei settori più assetati di carburante di origine fossile – petrolio e relativi prodotti della raffinazione – è certamente quello della Difesa, con la “D” maiuscola. Esercito, Aviazione e Marina, nelle loro molteplici componenti, sono strettamente legate al movimento e alla logistica di merci e persone, e la disponibilità del carburante è fattore decisivo, se non vitale: come insegna Erwin Rommel, la “Volpe del deserto”, sconfitto a El-Alamein proprio per la carenza dei rifornimenti.
Non sorprende, quindi, che tra le molteplici ricerche di soluzioni possibili rispetto al problema della dipendenza da petrolio, emerge quella svolta dal D.A.R.P.A., acronimo di Defence Advanced Research Projects Agency, agenzia americana, legata alla Difesa degli States, da sempre impegnata nella ricerca e nell’innovazione tecnologica. Di rilievo, per esempio, il contributo fornito dalla D.A.R.P.A. nella progettazione e implementazione di Internet e dei sistemi di navigazione satellitare. L’approccio al problema “carburante” dell’agenzia vede le alghe quale prodotto di base.
Secondo quanto dichiarato dal responsabile D.A.R.P.A. del settore energia, Barbara McQuinston, i laboratori avrebbero già estratto “petrolio” da stagni di alghe a un costo di circa due dollari al gallone. E che la raffinazione di quanto estratto, utile all’ottenimento delle frazioni di carburante, inizierà a breve sempre in via sperimentale  e con un costo stimato di circa tre dollari al gallone (1 gallone Usa = 3,79 litri circa). Valori certamente incompatibili con il mercato, ma ora l’obiettivo è divenuto quello dell’individuazione di un sistema di produzione su larga scala a basso costo, indispensabile per il successo dell’operazione, e l’allargamento dell’utilizzo del nuovo “raffinato” a tutto il trasporto in generale, aerei compresi.  Scenario che non potrà trovare una soluzione a breve termine. Qualcuno stima che nei prossimi tre-cinque anni si possa raggiungere un risultato. Tale condizione è avvalorata anche dal fatto che un grande nome  del settore, come la Exxon, invece di “snobbare” la ricerca e i risultati ottenuti dall’agenzia, ha impegnato ben 600 milioni di dollari in una sua ricerca sulle alghe.
Che sia la volta buona? Speriamo sia cosi, anche perché a differenza di altre metodologie intraprese per l’ottenimento di carburante, come l’etanolo estratto dal mais, la soluzione alghe non intacca un prodotto di fornitura alimentare. Ci ricordiamo molto bene la bolla speculativa legata all’etanolo prodotto dal mais e quant’altro. E poi, a quanto pare, la combustione del carburante derivato dalle alghe genererebbe un prodotto decisamente ecologico, a vantaggio dell’ambiente.
Un’ulteriore spinta in avanti nella ricerca è stata data dalla E.P.A. – Agenzia di protezione dell’ambiente degli Stati Uniti, un cui portavoce ha dichiarato che il diesel derivato dalle alghe abbatte le emissioni di gas serra del 50 per cento ma, tornando all’argomento di esordio, quello che è nel mirino del D.A.R.P.A. è l’abbattimento della dipendenza dal petrolio del fabbisogno della Difesa Usa, che deve ridursi del 50 per cento entro il 2016. Speriamo che da tutta questa “tempesta di cervelli”, generata da trainanti necessità militari, ne derivino vantaggi per tutti i trasporti, anzi per tutti noi.

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