Gli inaccettabili ritardi che fermano le modifiche al Codice della strada

Panorama di questa settimana pone l’accento su una questione centrale per ogni uomo che crede nel valore della vita come un bene primario da salvaguardare a ogni costo. Per questo lascia l’amaro in bocca, a tutti coloro che si riconoscono nell’istituzione parlamentare, il ritardo inaccettabile che si riscontra sulle modifiche al Codice della strada, approvate dalla Camera dei Deputati nel luglio scorso e ancora bloccata al Senato. Sui giornali, quasi quotidianamente, si legge che irresponsabili, ma forse è più rispondente definirli delinquenti assassini, tolgono la vita a persone. 4731 vittime e oltre 310mila feriti. Questi i dati che impongono una riflessione a tutti.
Dopo il primo positivo impatto della patente a punti, introdotta dall’allora ministro Lunardi, l’effetto è andato scemando, anche perché l’azione di controllo sulle strade, non certo imputabile alle forze dell’ordine, non ha fatto registrare gli incrementi attesi ma soprattutto perché le modifiche che dovevano rafforzare l’impianto sanzionatorio, introdotto nel 2003, non sono state rispondenti e sufficienti. Intendiamoci, le norme inadeguate concorrono con altri fattori come l’inadeguatezza e i ritardi della rete infrastrutturale e gli interventi di manutenzione non sempre adeguati ad aumentare il tasso di sinistrosità strettamente connesso con il volume di traffico che si registra sulle strade.
La Commissione trasporti della Camera (invito tutti coloro che, sensibili all’argomento, si occupano di fare informazione a seguire i lavori all’interno del Parlamento e far conoscere quali siano le diverse modalità di approccio nei confronti di un tema così delicato) aveva approvato modifiche che andavano nella giusta direzione, ottenendo anche grazie alla condivisione dei gruppi di opposizione la possibilità di legiferare in sede legislativa, senza cioè dover passare per il dibattito in aula.
Oggi, bisognerebbe scoprire e denunciare le ragioni dei ritardi registrati al Senato. Il risultato è che si è annullata l’accelerazione impressa dalla Commissione trasporti della Camera che consentiva di intervenire in tempi rapidi.
Naturalmente quando si verificano incidenti che hanno grande impatto sull’opinione pubblica i riti di esecrazione si sprecano.
Un commento voglio citare in particolare: “Sono rimasto colpito dall’incidente di Colleferro. Ci vuole tolleranza zero; ogni volta che succedono queste tragedie ammutolisco; vorrei che sempre più ci avvicinassimo al sistema americano dove chi causa incidenti del genere si fa più di 30 anni di carcere”. A pronunciare tali auspici condivisibili non è un cittadino qualunque bensì un componente della Consulta del dipartimento antidroga, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Forse non sarebbe più incisivo se chi fa parte di un così importante organismo si rivolgesse direttamente al governo o al presidente del Senato?
Stupisce anche, occorre sottolinearlo, il silenzio dell’esecutivo che l’estate scorsa aveva addirittura ipotizzato un atto d’urgenza per cambiare le norme prima dell’estate. Anche in questo caso non si comprende cosa possa essere successo. L’ipotesi che siano le ragioni legate alle competenze delle quali, non dobbiamo scordarcelo, i ministeri sono molto gelosi, la causa dell’inaccettabile ritardo non la ritengo azzardata.
Spetta al governo, che non ne esce certo bene, fornire una risposta convincente che non siano le solite generiche promesse ad agire per superare la fase di stallo.
Una voce gira con insistenza ed è che la mancata discussione sia originata dalla  precauzione di chi vorrebbe che il disegno di legge sulla riforma dei porti non subisse modifiche nella discussione che si terrà alla Camera. Per ottenere questo, ritarda il dibattito sulle riforme al Codice della strada.
Tutto questo in un Paese civile non può essere tollerato. Un esecutivo che si rispetti non dovrebbe consentire che una simile aberrazione, se reale, fosse tollerata. Come è possibile mettere sullo stesso piano le vittime della strada con una riforma che, anche se importante, non può avere il medesimo valore di una legge che ha il compito di tutelare vite umane.
Sono quasi certo che queste mie considerazioni non troveranno alcun interesse nella grande stampa. Ormai siamo abituati solo alle indagini che spettacolarizzano situazioni al fine di catturare lettori o incrementare l’ascolto nel caso dei media radio televisivi.
Intanto le stragi sulle strade continuano e gli appelli lanciati dalle associazioni vittime della strada e anche di chi rappresenta le imprese di trasporto di dar vita a un coordinamento o dipartimento, da istituirsi presso la Presidenza del Consiglio, per mettere a sistema i temi del trasporto, della mobilità e della sicurezza, sono inascoltati.
Alle prossime vittime.
Paolo Uggè – presidente Fai Conftrasporto

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