Mentre i politici parlano, la gente per strada continua a morire

Sono state 4731 le vittime sulle strade nel 2008, circa 13 al giorno. Sono questi i dati diffusi domenica scorsa, giorno dedicato al ricordo delle vittime della strada nel mondo, evento che ha fatto registrare l’alto intervento di Papa Benedetto XVI e del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Numeri drammatici che sembrano lasciare indifferente buona parte dei nostri media, più preoccupati, a giudicare dalle prime pagine e dai paginoni interni,  a seguire le notizie che riguardano i fatti personali di uomini politici, ad aprire inchieste sulle caste oppure a sviluppare aspetti che sembrano più rispondere ad altri obiettivi che a informare i lettori. Parlare di sicurezza sulle strade, non c’è ombra di dubbio, è impegnativo. Richiede conoscenza e volontà di approfondire per comprendere quali siano le ragioni per le quali si determinano i troppi morti sull’asfalto. Innanzitutto si dovrebbero evidenziare la carenze infrastrutturali e gli interventi manutentivi, non sempre rispondenti alle esigenze di sicurezza. In secondo luogo occorrerebbe approfondire se le ragioni del deficit di un sistema di controlli sia solo frutto di carenza di mezzi e personale da parte delle forze dell’ordine o se, invece, come sembra avvenire  nel trasporto merci, le cause siano da ricercarsi in suggerimenti a lasciar correre o a non approfondire le ragioni di taluni comportamenti. In terzo luogo occorrerebbe accertare se realmente la volontà del mondo politico sia orientata a voler disciplinare in modo adeguato le normative sulla sicurezza sociale e della circolazione. La sicurezza sociale è un aspetto importante da disciplinare se è vero che più della metà dei molti incidenti sul lavoro sono in realtà conseguenti a dei comportamenti non rispettosi delle regole sulla sicurezza stradale. Purtroppo però anche in questa settimana il Senato non è riuscito a inserire nel calendario dei suoi lavori la discussione sulle modifiche al Codice della strada. Quale migliore occasione per mostrare, con fatti concreti, la consapevolezza di dover passare dalle le dichiarazioni  rilasciate a ogni evento luttuoso all’approvazione di norme efficaci e atte ad impedire le continue stragi? Ricordo che Conftrasporto riconobbe le positività nel testo licenziato dalla Camera dei Deputati che si muove nella direzione, per noi adeguata, di andare a colpire comportamenti che mettono a rischio l’incolumità altrui. Certamente tutto è perfettibile e ulteriori cambiamenti, purché non stravolgenti rispetto alle linee introdotte dall’altro ramo del Parlamento, possono essere apportati. Per esperienza sappiamo tuttavia che ci sono diverse opinioni divise: tra chi assegna maggior importanza agli  interessi economici; chi a quelli della vita; chi ritiene invece che maggiori sanzioni finiscano per penalizzare quelle zone del Paese dove i controlli si effettuano. Dopo la giornata della sicurezza mondiale si spera che possa prevalere in tutti la logica del fare e meno quella del dire se si vuole evitare al prossimo incidente mortale di assistere ai soliti riti. Un ruolo importante è assegnato al Governo che deve avere l’autorevolezza e la capacità di far comprendere ai partiti di maggioranza quanto tempo, rispetto agli annunci fatti, sia trascorso. Ma soprattutto quanto non se ne dovrà far trascorrere. Conftrasporto non può che invitare l’Esecutivo a farsi parte attiva, unitamente al Presidente della Commissione e al relatore, perché si superi rapidamente la fase di stallo che non sarebbe compresa, se continuasse, né dai cittadini nè, in particolar modo, dalle associazione delle vittime della strada. La speranza è che quest’appello trovi più ascolto di quello di dar vita a un coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per gestire come parti di un sistema i temi della sicurezza, del trasporto e della mobilità. Fino a oggi la richiesta è stata elusa; possiamo illuderci che dopo le parole toccanti pronunciate domenica si operi in concreto?

Paolo Uggé

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