Il filtro non è la cura per i mali del traffico

Dopo la messa in mora da parte dei competenti organismi comunitari sui livelli di inquinamento registrato nella regione Lombardia, la decisione di installare dei filtri agli autoveicoli sembra essere la solita misura assunta per tacitare la Commissione europea oltre che per dimostrare ai cittadini che si interviene su un tema  sempre più coinvolgente.  In realtà cambierà poco o nulla.

Del resto, così come avvenuto per le scelte del Comune di Milano, dopo i primi dati attestanti risultati significativi, nel lungo periodo si scoprirà che i veri pericoli per la salute dell’uomo continueranno a dipendere dai modelli di vita di ognuno e molto poco, il 10 per cento circa, dall’inquinamento. Gli operatori del commercio, dell’artigianato, del trasporto e i cittadini sostengono  i costi  dell’iniziativa, ma i benefici si riverseranno essenzialmente su chi produce i filtri. C’è da domandarsi come mai le case produttrici di autoveicoli, visto che i filtri sono in grado di trasformare un mezzo inquinante in ecologico, sprechino fior di risorse per ottenere l’abbattimento dell’inquinamento  degli automezzi prodotti.  Non sarebbe più funzionale se si intervenisse a sostenere con incentivi coloro che sostituiscono i mezzi più inquinanti, anziché sostenere tali sistemi? Possibile che la nostra classe politica non voglia comprendere che  i temi complessi dei trasporti, compreso l’inquinamento, possono essere affrontati meglio se con una visione d’insieme. In un sistema che dipende  dagli insediamenti, dai consumi, dall’organizzazione della produzione, dalle infrastrutture, gli interventi non dovrebbero svilupparsi prevalentemente solo su un modello di gestione della mobilità che prevede per tutti i veicoli una medesima tariffa di accesso. Così si fa solo cassa. La strada allora è quella di impegnarsi a individuare invece regole chiare e condivise. I provvedimenti schematici  quasi sempre producono una serie infinita di deroghe che minano l’efficacia del provvedimento stesso. Una politica di city logistics deve prevedere misure infrastrutturali e organizzative, di pricing e incentivazione, di regolamentazione e di gestione. Alcuni dati dovrebbero indurre i nostri amministratori locali, ma ancor più il Governo, a riflettere, sempreché ci sia una reale volontà di affrontare in modo coordinato l’emergenza dei prossimi anni, emergenza che l’Unione europea, anche con recenti comunicazioni, sta indicando: ovvero l’accessibilità nelle città di persone e merci. La popolazione urbana passerà dal 72 per cento, dato relativo al 2007, all’84 per cento nel 2050; nelle città si produce l’85 per cento del pil europeo. Intervenire in tale direzione è indispensabile. È necessario quindi con urgenza condividere e formalizzare una intesa operativa tra tutti gli attori della supply  chain, ovvero l’integrazione logistica, per definire un piano del sistema di accesso di persone e merci, definendo  livelli di qualità e accreditando operatori che effettuino il servizio nel rispetto delle regole, attraverso una premialità d’uso. Quelle realtà che hanno avviato tali esperienze già sentono risultati positivi. In sostanza occorre ripartire da un patto condiviso  per la mobilità cittadina che definisca chiare regole per la logistica dell’ultimo miglio. In caso contrario si  continuerà  solo a illudere i cittadini sulle funzionalità di misure a favore di una miglior qualità della vita e a privilegiare interventi per  i quali forse  potrebbe funzionare anche il mago Merlino. Che di filtri se ne intendeva.

Una risposta a “Il filtro non è la cura per i mali del traffico

  1. Per risolvere i problemi di questo tipo bisogna spendere soldi e comperare mezzi di ultima generazione,cercare di riempirli il più possibile per farne entrare in città il meno possibile.
    Non e’ possibile fare questo finché la tendenza sarà quella di risparmiare sui costi a scapito di sicurezza, legalità e inquinamento.
    Mi dispiace ma non la vedo bene.

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