Marche: un interporto per creare l’anello mancante del centro Italia

Riportiamo un articolo di Emanuela Audisio per Affari e Finanza di Repubblica sull’Interporto Marche.

L’infinito qui è stato sempre scollegato. Mare, monti, pianura, cielo: incomunicabilità totale. Tra il porto di Ancona e l’aeroporto di Falconara, tra il mare Adriatico e l’entroterra, tra il sud e il nord dell’Italia. Una frattura centrale, un groviglio di arrivi e partenze mai combinato, ma per le merci che devono attraversare il mondo un centro direzionale importante. Campi di girasoli e file di camion, un traffico che potrebbe integrarsi e invece è frammentario.Le Marche, regione operosa, un capitalismo dolce, ma sempre a metà strada. Un nordest più a meridione: 1 milione mezzo di persone, 150 mila soggetti con partita Iva, piccole imprese con 30/40 dipendenti. E il problema delle merci che viaggiano, si spostano, transitano, e qualche volte giacciono. Un interscambio finora difficile, pochi rapporti tra gomma e ferro, tra Tir e ferrovia, e mettiamoci pure con il porto, usato spesso e solo come garage dei container.
Eppure a sognare in grande, sulla mappa dei trasporti, uno snodo fondamentale, un parallelo più basso del corridoio Lisbona Kiev. L’Interporto Marche (composto da 34 soggetti tra enti pubblici e soggetti privati) nasce in ritardo, quando la crisi minaccia il volume delle merci, ma è essenziale per una migliore funzionalità del traffico e per la lotta all’inquinamento.
L’area: tra la Ss16 e l’autostrada A14 sull’asse nordsud, tra la ferrovia Ancona Roma e la Ss76 in direzione estovest, tra il porto di Ancona e l’aeroporto di Falconara. Il bypass ferroviario di Falconara Marittima con un finanziamento pubblico di 204 milioni di euro segna la prima volta in 60 anni delle Marche che si vedono destinare un grande flusso di denaro per un unico progetto infrastrutturale.
Dare servizi migliori agli uomini e alle merci significa alleggerire strade, viabilità, salute. Nel 2008 in Italia 4 milioni di camion hanno prodotto 11 mila di tonnellate di polvere sottili, la nostra media di trasporto su gomma è superiore al resto d’Europa, 86 contro 76%. E in un mercato che cambia e fa il prezzo, deve cambiare anche la mentalità di chi finora ha prodotto franco fabbrica e non franco destino, disinteressandosi al trasporto.
Roberto Pesaresi, presidente dell’Interporto, dice: «La competitività di un sistema di produzione è legato al modo in cui le merci vengono trattate e manipolate, e la tariffa intermodale consentirà di abbattere almeno il 25% dei costi di trasporto. Non si può negare l’attuale riduzione dei consumi, ma quando ci sarà la ripresa ci sarà anche un’infrastruttura non solo marchigiana, ma italiana, a servizio dei porti del sud, dall’Adriatico al Tirreno e di un trasporto combinato, con la possibilità di treni blocco, che arrivino direttamente a destinazione con le merci. Non siamo una cattedrale nel deserto. Sulla linea adriatica abbiamo risolto il problema della galleria di Varano e di Cattolica che impedivano le grandi sagome. Chiaro che deve cambiare la mentalità degli imprenditori visto che il costo di un tir Ancona Milano è di un euro a chilometro, ma il costo ambientale e di congestione del traffico è molto più alto. Chiaro anche che la cultura non si cambia con un decretolegge e che per un peccato originale, che però non appartiene alla nostra gestione, ci misuriamo con ritardo su queste problematiche. Io mi paragono ad un capocondominio che cerca una qualità di vita migliore».
L’Interporto si vede: ha piazzali, strade, binari, capannoni e un centro direzionale moderno. La superficie territoriale è di 1.010.762 mq, comprensivi di area ferroferro, ferrogomma, magazzini, strade, aree per autotrasportatori e parcheggi, depositi all’aperto e terminal ferroviariocontainer.
E’ stata appena completata la messa in opera di fasci di binari di presaconsegna che saranno serviti da una stazione merci tra la stazione di Chiaravalle e la stazione di Jesi. L’impianto ferroviario sarà operativo da ottobre.
Gianfranco Biancini, direttore generale, da un anno e mezzo, è uomo pratico, con grande esperienza in Italia e all’estero, spiega: «Dobbiamo razionalizzare e ridurre i costi, il trasporto delle merci non può più essere considerato un optional nella produzione. Molto si è fatto sulla riduzione dei costi della logistica, ma molto si può ancora fare nella parte relativa al trasporto, creando treni blocco efficienti, in modo da garantire non solo la rapidità, ma anche l’abbattimento dei tempi di consegna che avrà sempre più peso nel miglioramento della rotazione del magazzino e nella riduzione del capitale circolante. Anche sotto il profilo dell’inquinamento la provincia avrà vantaggi: basti pensare che su 110 mila container che ogni anno passano nel porto di Ancona, solo il 70% ha a che fare con il mare, e allora se il mare non c’entra perché quel trasporto deve appesantire l’aria e la vita di quel pezzo di costa? Noi vogliamo lavorare in un contesto che favorisca la qualità complessiva».
Piccole Marche si muovono. E in attesa della ripresa provano nuovi decolli.

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