Il gruppo Arcese: in Italia non è più possibile lavorare

Eleuterio Arcese

“D’accordo? Noi siamo super d’accordo con la proposta lanciata dal presidente di Fai Conftrasporto Paolo  Uggè al ministro dei Trasporti Altero Matteoli riguardo la moratoria contributiva di sei mesi nei quali le imprese non verserebbero i contributi agli enti previdenziali e altrettanto accadrebbe per i lavoratori. Anche perché se le cose non cambiano io ho già pensato di trasferire tutto all’estero”.  A parlare è Eleuterio Arcese, imprenditore a capo di uno dei colossi  del  trasporto merci italiano, con oltre mille mezzi pesanti, e di una della grandi flotte private europea. Numeri che fanno intuire chiaramente quale danno potrebbe causare l’eventuale decisione di trasferire ogni attività oltreconfine. “L’economia italiana e il mondo dell’autotrasporto in particolare non hanno più bisogno di chiacchiere, di promesse non mantenute, ma di fatti e immediati”, prosegue Eleuterio Arcese, “e la proposta lanciata da Paolo Uggè è indiscutibilmente un fatto concreto, da attuare senza perdere tempo”.  E all’ex sottosegretario ai Trasporti nel primo Governo Berlusconi che ieri aveva  parlato della necessità di “congelare i versamenti dei contributi fino a che il peggio non sarà passato, augurandoci che questo avvenga davvero entro la primavera”,  Eleuterio Arcese, che riveste anche l’incarico di presidente dell’Anita, l’associazione delle imprese di autotrasporto di Confindustria, replica: “Siamo d’accordo,  ma attenzione: non vorrei che dopo i sei mesi di moratoria lo Stato venisse a battere cassa con gli interessi, i debiti accumulati andrebbero spalmati in 4 o 5 anni, altrimenti raddoppierebbero i costi e per le imprese sarebbe disastroso”. Il presidente dell’Anita si rivolge anche ai sindacati. “In settembre voglio incontrare i rappresentanti dei lavoratori dell’autotrasporto perché le ditte strutturate come le nostre devono trovare il sistema per ridurre i costi del personale. Oggi tra un’azienda italiana e una dell’Est d’Europa ci sono 30 centesimi di costo al chilometro di differenza, un’enormità. Ho appena perso un appalto contro un concorrente straniero che ha duemila camion e ha fatto un’offerta del 20 per cento inferiore. Alle industrie italiane non importa se i prodotti viaggiano su camion di imprese nazionali o estere, ma così noi non siamo più competitivi, serve una soluzione duratura per tutti”. Il Gruppo leader nei trasporti  fino a oggi non ha fatto ricorso alla cassa integrazione ma “stiamo viaggiando sottocosto per essere alla pari con l’Est” sottolinea  Eleuterio Arcese, che conferma la possibilità di abbandonare l’Italia, pur nella consapevolezza che la decisione potrebbe  avere ripercussioni gravissime sul settore e sull’economia nazionale. “Se non si trova una soluzione io porto tutto all’estero. Il Governo faccia i suoi conti, se è conveniente che Arcese da subito metta 1.000 persone in cassa integrazione oppure se si può trovare una soluzione per abbassare i costi. Io, lo ripeto, se non si trova una soluzione sono pronto a smantellare tutto quello che ho in Italia. Non sarà un processo veloce, ne tantomeno indolore, ma lo farò”. Il Gruppo Arcese del resto è già attivo in 12 Paesi nei quali  conta complessivamente 4.500 dipendenti. “Tra un’impresa strutturata italiana e una dell’Est europeo può esserci  il 20 o addirittura il 30 per cento  di differenza nei costi, un divario troppo alto per essere ancora sostenibile”, conclude il presidente dell’Anita.
Schierato a favore della proposta di moratoria contributiva lanciata da Paolo Uggè è anche Carlo Molteni della Fratelli Molteni di Giussano (Milano), presidente del settore cementi della Fai. “Il mondo dell’autotrasporto vive una difficoltà strutturale da anni. La moratoria proposta da Uggè crea anche professionalità perché va a beneficio di tutte le aziende che hanno assunto regolarmente i propri dipendenti, realtà strutturate, grandi e piccole. Oggi sul mercato – denuncia Molteni – ci sono realtà con rapporti non molto chiari, fuori dai confini della legalità, al limite del banditismo. Se ne vedono di tutti i colori. Se un aiuto deve esserci da parte del Governo deve toccare chi lavora secondo le regole e una simile moratoria andrebbe proprio in questa direzione. Senza dimenticare – conclude Molteni – tutti i quattrini che lo stesso Governo deve ancora alla categoria e promessi ormai da troppi mesi”.

Paolo Annoni

3 risposte a “Il gruppo Arcese: in Italia non è più possibile lavorare

  1. Oltre un certo limite non si possono abbassare i costi perche’ si perderebbe in sicurezza, la lotta
    al ribasso produrra’ solo poverta’. Perche’ non proviamo in sede europea a dimostrare, costi alla mano, che andiamo nella direzione sbagliata?

  2. Povero Sig.Eleuterio Arcese, dopo che ci ha spremuto come i limoni, sottopagati, derubati, adesso piange miseria. La vergogna non la conosce vero? I tanti soldini che ha preso dalla regione Trentino, dallo stato italiano e dalla comunità europea, non bastano più? Dopo avere quasi monopolizzato il trasporto in Italia, abbassando le tariffe per accaparrarsi i trasporti a danno di ditte di trasporto con pochi mezzi, magari rivendendo i viaggi per il puro guadagno di pochi euro, adesso è alla spasmodica ricerca di autisti a costo quasi zero. Comunque le ricordo, visto che la memoria per queste cose è molto corta, che il nostro contratto è scaduto da molti anni, avanziamo molti soldi di arretrati, e sono in arrivo problemi seri. Non servirà scappare all’estero!!!

  3. Fate una politica seria a Bruxelles, la dove alcuni Paesi non debbano affondarci per arricchire loro ma metterci subito allo stesso livello, un autista non puo vivere per tre mesi in una cabina di camion! Figuriamoci in due in cabina che si sopportano appena. Dignità: cos’è? Una parola che si mangia? Gli animalisti vogliono un cuccia per ogni animale, due esseri umani in una cuccia? Cosi vivono molti autisti dell’e Est su un camion! Questo è l’umanita di molti trasportatori che fanno addiritura pagare l’affitto della cabina agli autisti. Vigliacchi!

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